Il problema della presunta incostituzionalità della Direttiva BRRD e la par condicio creditorum

Il problema della presunta incostituzionalità della Direttiva BRRD e la par condicio creditorum

Una riflessione doverosa sulla disciplina generale del bail-in, e di riflesso sulla BRRD, attiene all’operatività, all’interno di tale disciplina, del principio della par condicio creditorum. Diverse norme sembrano talora confermare, e alcune altre contraddire questo principio. Tali dissonanze hanno fatto sorgere in dottrina un annoso dibattito sulla presunta incostituzionalità della disciplina. L’art. 22 d.lgs. 180/2015, riportando i principi a cui si conforma la procedura di risoluzione, al comma 1, lett. b) pone due disposizioni, secondo alcuni distoniche: da un lato, stabilisce espressamente un principio di parità di trattamento degli azionisti e creditori in base all’«ordine di priorità» proprio delle procedure concorsuali; per altro verso, tuttavia, in contrasto a quanto sopra detto, riconosce la sussistenza di diverse classi di creditori alle quali si applicano dei trattamenti differenziati (1).

Il richiamato disposto dell’art. 22 d.lgs. 180/2015 appare conforme al principio della par condicio creditorum, nella sua «ordinaria» operatività all’interno dei diversi modelli di concorso dei creditori. Negli stessi modelli, infatti, la par condicio creditorum non è vista come un principio assoluto (e, secondo molti inderogabile), il che appare evidente già a livello di sistema generale della responsabilità patrimoniale, con la previsione dei privilegi ex lege (artt. 2745 e ss., c.c.) legati alla causa dell’obbligazione e ai crediti privilegiati discendenti dalle garanzie reali; Secondo un distinto orientamento, il principio della par condicio creditorum non costituisce un principio inderogabile dell’ordinamento, e anzi la sua deroga è ammessa a livello sistematico (2). Tale derogabilità, secondo il medesimo indirizzo, è configurabile solo se e quando sussista la giustificatezza di un trattamento differenziato dei creditori in base, ad esempio, alla causa dell’obbligazione, ai fini pubblicistici di essa obbligazione, all’assunzione da parte del creditore di un maggiore o minore rischio, alla tutela del principio di autonomia privata (ex art. 1322 c.c.).

La deroga al principio di par condicio creditorum è dunque ammissibile nel nostro ordinamento, ma sempre nel rispetto del principio di uguaglianza, per cui i termini della diversità di trattamento devono essere improntati a ragionevolezza e lo stesso trattamento discriminante (contrario all’art 3 Cost.), poiché incide su diritti soggettivi, deve essere previsto dalla legge secondo criteri oggettivi e determinati. Oltre all’art. 22, comma 1, lett. b), un ordine di priorità tra i creditori è espressamente previsto anche dall’art. 52 d.lgs. 180/2015, il quale, ai commi 1 e 2, indica specificamente le categorie di creditori (e azionisti) progressivamente interessati dal bail-in. Al di là del problema della piena corrispondenza tra le due norme emerge una comune impostazione, caratterizzata da una distinzione tipologica dei crediti e delle situazioni giuridiche soggettive in generale, e da una differenziazione di trattamento delle relative classi di creditori in relazione alla tipologia medesima. I modelli normativi del d.lgs. 180/2015, in ultima analisi, sembrano muoversi lungo le linee funzionali, e all’interno dei limiti, che sono propri del principio della par condicio creditorum così come lo si è sommariamente delineato, e cioè nel senso della parità di trattamento all’interno delle classi di creditori, e nel rapporto di poziorità tra tali classi (3).

Questo equilibrio, per la verità anch’esso discusso in dottrina, sembra però essere messo in crisi da un’altra norma del d.lgs. 180/2015. Infatti, l’art. 49, comma 2 consente l’esclusione di categorie di creditori altrimenti sottoposti al bail-in, in base a un atto meramente discrezionale dell’Autorità di risoluzione. Ciò si verificherebbe prescindendo da qualsiasi elemento di determinazione o da una apposita previsione legislativa.

In questo caso la norma, a differenza degli artt. 22 e 52, non prevede classi di credito e ordini di priorità, la quale previsione rispetterebbe i principi di predeterminatezza e oggettività e consentirebbe un controllo di ragionevolezza. Essa, al contrario, si limita a conferire all’Autorità di risoluzione un potere di incidere immediatamente sulle posizioni giuridiche soggettive, senza alcuno specifico criterio legale, salvo il riferimento alle finalità di fondo e a generali criteri di ordine tecnico.

Tutto ciò comporta una disparità di trattamento tra creditori, e per di più è in grado modificare i rapporti di vantaggio tra classi di creditori o tra credi tori singoli, il tutto – come si è detto – senza criteri predeterminati e senza una diversa giustificazione (secondo il criterio di proporzionalità e ragionevolezza) che non sia quella del raggiungimento del risultato finale della stabilità del sistema bancario e creditizio. L’art. 49, in tal modo, si pone come fondamento di una discrezionalità assoluta dell’Autorità di risoluzione, che si svolge esclusivamente secondo logiche tecniche e soprattutto politiche. I dubbi di costituzionalità, stante la presunta violazione dell’art 3 Cost, senza l’intermediazione di alcuna più specifica norma giuridica e senza il riferimento a criteri normativi predeterminati che consentano di apprezzare ex ante la giustificatezza e la ragionevolezza della disparità di trattamento. Per di più, la disciplina di legge consente di realizzare, tramite atti amministrativi, una disparità di trattamento ex post, il che comporta non solo una assoluta incertezza, sin dall’origine del rapporto obbligatorio, delle eventuali vicende del bail-in, ma altresì una assoluta incertezza sia del trattamento oggettivo cui il creditore sarà sottoposto, sia del rattamento «relativo», cioè avendo riguardo agli altri creditori e alle altre classi di creditori.

In questo senso, la disposizione di cui all’art. 49 d.lgs. 180/2015 sembra porsi in contrasto con il principio di uguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. Ciò si verifica non perché sia previsto un trattamento differenziato dei crediti e quindi non si realizzi in maniera assoluta il principio della par condicio creditorum – giacché il trattamento differenziato è riconosciuto nell’ambito del sistema generale delle obbligazioni e della responsabilità patrimoniale – ma perché si tratta di un trattamento differenziato che dipende da un provvedimento amministrativo senza una specifica predeterminazione di criteri oggettivi. Tale meccanismo indeterminato non consente un controllo di ragionevolezza della discriminazione, né sul piano teleologico né per quanto riguarda il criterio di proporzionalità della discriminazione relativamente al fine perseguito. Per tali motivi l’art. 49 d.lgs. 180/2015 si espone al dubbio di incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost (4).

Si può aggiungere, infine, come la frustrazione delle aspettative economiche originate dall’eventuale stravolgimento dell’ordine di priorità stabilito dall’art. 52, conseguente alla esclusione di alcuni creditori (o di alcune categorie di creditori) solleva, relativamente all’art. 49, i dubbi di costituzionalità – in particolare relativamente all’art 3 Cost e al principio di par condicio creditorum- già sollevati precedentemente per l’art. 88 della BRRD. Tale dubbio di costituzionalità si manifesta, anche sulla base di quanto sopra descritto, con riguardo, in particolare, agli artt. 41, 42, 47 e 117 Cost.

 

 

 

 


Note Bibliografiche
(1) BOCUZZI G., (1998), I caratteri delle crisi bancarie: cause, interventi e soluzioni, Milano; BOCUZZI G., (2011), Towards a new framework for banking crisis management. The international debate and the Italian model, in Banca d’Italia, Quaderni di ricerca giuridica, Ottobre; BOCUZZI G., (2015), L’Unione bancaria europea. Nuove istituzioni e regole di vigilanza e di gestione delle crisi bancarie, Bancaria Editrice.
(2) BRESCIA MORRA C., La nuova architettura della vigilanza bancaria in Europa, in Banca Impresa e Società, 1, 2015, pp. 73-91; BRESCIA MORRA C., Nuove regole per la gestione delle crisi bancarie: risparmiatori vs contribuenti, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2, 2016, pp. 279-296;CALDERAZZI R., Commento sub art. 90, in COSTA C. (a cura di), Commento al Testo unico delle leggi in maeria bancaria e creditizia, Torino, 2013, pag. 883 ss; CALELLO P., ERVIN W., From bail-out to bail-in, in The Economist, 28 gennaio 2010;
(3) CAPRIGLIONE F., A.S. GINEVRI, Politics and finance in the Europian Union, in Law and Economics Yearly Review, Cedam 2015; CAPRIGLIONE – TROISI, L’ordinamento finanziario dell’UE dopo la crisi, UTET, Torino, 2014. CAPRIGLIONE F., Globalizzazione, crisi finanziaria e mercati: una realtà su cui riflettere, in CAPRIGLIONE F., L’Unione bancaria europea, Torino, 2013.
(4) SALANITRO N., La cessione dei crediti anomali ad una società di gestione (c.d. bad bank,), in Banca, borsa e tit. cred., 1997, I, pag. 406 ss.; SANTORO V., Prevenzione e risoluzione delle crisi delle banche, in regolazionedeimercati.it
SARCINELLI, L’unione bancaria europea e la stabilizzazione dell’Eurozona, in «Moneta e Credito», vol. 66, n. 261 (2013), pag. 13.; SICLARI D,, La liquidazione coatta amministrativa nell’attuale contesto ordinamentale, in La Gestione delle Crisi Bancarie, 2018

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