La nullità del mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità

La nullità del mutuo fondiario per superamento del limite di finanziabilità

Sommario: Premessa – 1. La nozione di credito fondiario – 2. I pregressi orientamenti in tema di superamento del limite di finanziabilità – 3. La nota sentenza della Cassazione n. 17352 del 13 luglio 2017 – 4. La recente sentenza della Corte d’Appello di Torino – 5. La prova del superamento del limite di finanziabilità – 6. La notifica del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 41 T.U.B. – 7. Osservazioni finali

 

Premessa

Dibattuta in dottrina ed in giurisprudenza è la questione che ha ad oggetto il superamento del limite di finanziabilità ai sensi del combinato disposto dell’art. 38, comma 2° del Testo Unico Bancario (d’ora in avanti “T.U.B.) e dell’art. 1 delibera CICR del 22 aprile 1995. Ci si chiede, infatti, se il contratto di mutuo fondiario con cui viene erogato capitale di importo superiore all’80% del valore dell’immobile concesso in garanzia sia inficiato da nullità assoluta ovvero sia soltanto irregolare.

Particolare attenzione merita, a tale riguardo, la sentenza della Cassazione n. 17352 del 13 luglio 2017 che, abbandonando il precedente orientamento giurisprudenziale[1], ha sancito il seguente principio di diritto: “il mancato rispetto del limite di finanziabilità, ai sensi dell’art. 38, comma 2, del T.U.B. e della conseguente delibera Delib. Cicr., determina di per sé la nullità del contratto di mutuo fondiario, salva la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario, ove ne risultino accertati i presupposti”.

Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte nella sentenza sopra richiamata è stato recepito integralmente da una recentissima pronuncia della Corte di Appello di Torino[2].

Tuttavia, prima di procedere ad un breve commento di quanto statuito dalla Corte di Cassazione e, da ultimo, dai Giudici di Appello di Torino, è opportuno effettuare una sia pur breve ricostruzione del tema in oggetto.

1. La nozione di credito fondiario

La nozione di credito fondiario è trattata analiticamente all’interno del D.lgs. 385/1993, c.d. Testo Unico Bancario, in particolare dall’art. 38 all’art. 42.

L’art. 38, comma 1° T.U.B. dispone che “Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio e lungo termine garantiti da ipoteca di primo grado su immobili[3].

Il comma 2° della medesima disposizione, aggiungendo un limite quantitativo alla finanziabilità, afferma che l’ammontare massimo di tali finanziamenti è determinato dalla Banca d’Italia, in conformità alle delibere del CICR “in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi”. La Banca d’Italia, inoltre, sulla base delle deliberazioni del CICR, stabilisce le condizioni alle quali, in presenza di precedenti iscrizioni ipotecarie, è comunque consentita la concessione dei finanziamenti, da qualificarsi anch’essi come fondiari.

A fronte di questa previsione, la Banca d’Italia con circolare n. 119 del 1995 – attuativa della Delibera del CICR del 22 aprile 1995 – ha fissato l’ammontare massimo dei finanziamenti fondiari nella misura dell’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi, salva la possibilità di elevare tale limite fino alla soglia del 100% ove siano prestate garanzie integrative qualificate (quali fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie di compagnie di assicurazione, garanzie rilasciate da fondi pubblici di garanzia, consorzi, cooperative di garanzie fidi, cessioni di crediti verso lo Stato nonché di annualità e contributi a carico dello Stato e di enti pubblici e pegno su titoli di Stato), aggiungendo, altresì, che nei casi di finanziamenti concessi su immobili già gravati da precedenti iscrizioni ipotecarie, l’importo finanziabile deve essere determinato sommando al nuovo finanziamento il capitale residuo di quello precedente.

È appena il caso di osservare che l’art. 120-duodeciesT.U.B. regola le modalità di stima dei beni immobili, fissando criteri specifici per assicurare la professionalità di coloro che curano tale adempimento e la loro terzietà rispetto ai soggetti interessati alla vendita dei prodotti finanziari, a tutela del finanziamento e del consumatore.

Invero, con le circolari n. 285 e 288 applicabili, rispettivamente, alle banche e agli intermediari finanziari, la Banca d’Italia ha stabilito i requisiti di professionalità ed indipendenza dei periti e i criteri concernenti l’attività di valutazione degli immobili. È previsto, inoltre, che la stima dell’immobile non debba essere superiore al suo valore di mercato, la cui definizione è contenuta nell’art. 4, n. 6 del Regolamento (UE) n. 575/2013. La valutazione dell’immobile deve essere documentata mediante una relazione da conservarsi per l’intera durata del rapporto con il cliente e per i dieci anni successivi all’estinzione dello stesso.

Sulla base dei predetti richiami normativi, si procede, in via esemplificativa, ad individuare gli elementi costitutivi del credito fondiario: deve trattarsi di finanziamento concesso da un istituto di credito; il finanziamento deve essere a medio e lungo termine (la durata del contratto di mutuo fondiario non può essere inferiore ai 18 mesi); deve essere garantito da ipoteca di primo grado (questo assicura al mutuante, in caso di mancata restituzione del finanziamento, la soddisfazione del credito prima di ogni altro creditore e sino al totale recupero); il suo importo non può superare l’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi; il suo importo può essere uguale 100% del valore del bene ipotecato in presenza di garanzie integrative; l’ipoteca può essere di grado successivo al primo se il capitale residuo dei finanziamenti concessi precedentemente, unito a quello successivo, non supera l’80% del valore dell’immobile, elevabile al 100% in caso di garanzie aggiuntive.

2. I pregressi orientamenti in tema di superamento del limite di finanziabilità

Secondo un primo orientamento (più favorevole agli Istituti di credito), il contratto di mutuo fondiario erogato in violazione del limite di cui all’art. 38, comma 2° T.U.B., resterebbe pienamente valido ed efficace e totalmente fondiario, mentre le uniche conseguenze consisterebbero in eventuali sanzioni amministrative e nella responsabilità precontrattuale della banca per abusiva concessione di credito.[4]Ciò in quanto la previsione di un tetto massimo finanziabile assurgerebbe a regola di comportamento volta ad impedire che gli istituti di credito assumano esposizioni finanziarie senza adeguate contropartite a garanzia.

I sostenitori di tale tesi hanno precisato che prima di irrogare sanzioni a carico della banca, in tali circostanze, sarebbe necessario verificare se l’istituto sia stato indotto a confidare (es. attraverso una perizia di parte), senza sua colpa, in un valore dell’immobile tale da garantire il rispetto del suddetto limite, ovvero se la banca abbia attuato un comportamento fraudolento o poco diligente[5].

Tuttavia, lo strumento sanzionatorio amministrativo si è rivelato, fin da subito, inadeguato posto che l’istituto di credito avrebbe sempre e comunque potuto far salvi gli effetti e la natura fondiaria del contratto, mantenendone i benefici con conseguente pregiudizio per i creditori concorrenti.

Un diverso orientamento giurisprudenziale, criticando per l’appunto la presunta poca incisività dei rimedi amministrativi a disposizione nel nostro ordinamento nei confronti delle banche ed evidenziando, altresì, la grave lesione della par condicio creditorum(la quale, a seguito di tale comportamento, non verrebbe ripristinata), ha sostenuto che il rimedio più adeguato al superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario fosse quello della nullità totale del contratto in forza della violazione della norma imperativa di validità ex art. 1418, comma 1°, c.c.[6].

Sicché, una parte della dottrina si è interrogata sugli effetti e sulle conseguenze derivanti dalla declaratoria di nullità del vincolo contrattuale.

In estrema sintesi, secondo alcuni[7], la pronuncia sulla nullità del contratto di mutuo fondiario inficerebbe, inevitabilmente, la validità dell’iscrizione ipotecaria; per l’effetto, alla banca residuerebbe il diritto alla sola restituzione del tantundema titolo di indebito oggettivo ex art. 2033 c.c.

Questa tesi veniva, tuttavia, rigorosamente smentita dai sostenitori del secondo orientamento, secondo i quali, posto il carattere di accessorietà sussistente tra la garanzia reale e il titolo negoziale, la prima non sarebbe accessoria al secondo bensì al credito ad esso collegato. Di conseguenza, la garanzia reale avrebbe continuato a ricoprire gli effetti che le sono propri, salvo i privilegi ricollegati alla natura fondiaria, anche in ipotesi di nullità del vincolo contrattuale.

3. La nota sentenza della Cassazione n. 17352 del 13 luglio 2017

La Corte di Cassazione, con la nota sentenza n. 17352 del 13 luglio 2017, ha mutato repentinamente il precedente e consolidato orientamento, giungendo alla conclusione che il contratto di mutuo fondiario è affetto da nullità nel caso in cui esso superi il limite massimo di finanziabilità.

In particolare, il caso riguardava la mancata ammissione al passivo del fallimento di una società da parte di una banca avente prelazione fondiaria. Più nello specifico, in sede di opposizione il Tribunale fallimentare rigettava la domanda dell’istituto di credito, in quanto riteneva inattendibile la stima del valore dei beni ipotecati fatta dal perito della banca al momento della concessione del mutuo, accogliendo, invece, il contenuto della stima fatta dal perito della procedura fallimentare, che rilevava uno scostamento del 1,86% sul limite di finanziabilità del fondiario. Il Tribunale, quindi, accertava il superamento del limite di finanziabilità del credito fondiario al momento della stipulazione del contratto, con conseguente nullità del mutuo, e infine escludeva la possibilità di conversione del contratto ovvero di ammissione della banca al chirografo, in quanto domande nuove. La banca, dunque, ricorreva per cassazione.

La Suprema Corte, come si è detto, discostandosi dai propri precedenti orientamenti, ha deciso che il mancato rispetto del limite di finanziabilità, di cui all’art. 38 T.U.B., determina di per sé la nullità del contratto di mutuo fondiario; e poiché il detto limite è essenziale ai fini della qualificazione del finanziamento ipotecario come, appunto, fondiario, secondo l’ottica del legislatore, lo sconfinamento di esso conduce automaticamente alla nullità dell’intero contratto fondiario, salva la possibilità di conversione di questo in un ordinario finanziamento ipotecario ove ne risultino accertati i presupposti. Tale assunto trova origine nella constatazione in base alla quale il limite di finanziabilità, essendo volto a tutelare un interesse pubblico e non privatistico, costituisce una regola imperativa – e non una regola di comportamento – dunque, inderogabile dall’autonomia delle parti.

Ne consegue che, dalla violazione del limite di finanziabilità discende, inequivocabilmente, secondo i Giudici di legittimità, la nullità del contratto di mutuo fondiario salva la possibilità di conversione in un contratto diverso, e che la domanda di conversione, da proporsi a cura della parte interessata, “è certamente ammissibile ove sia avanzata nel primo momento utile conseguente alla rilevazione della nullità. Si tratta infatti di un’istanza consequenziale alla rilevata nullità dell’unico titolo negoziale posto al fondo della domanda originaria[8].

4. La recente sentenza della Corte d’Appello di Torino

La Corte di Appello di Torino con la sentenza n. 872, pubblicata il 27 agosto 2020, ha ribadito che la violazione del limite di finanziabilità comporta la nullità assoluta del contratto in quanto incompatibile con la disciplina di ordine pubblico voluta dal legislatore quale limite inderogabile all’autonomia privata in ragione della natura pubblica dell’interesse tutelato, volto – tra gli altri – a regolare il quantum della prestazione creditizia.

Nel caso di specie un intermediario finanziario aveva stipulato un particolare mutuo fondiario denominato “Mutuo casa 95”, in violazione del limite di finanziabilità, provvedendo a finanziare l’acquisto di beni in misura “non inferiore all’80,01% e non superiore al 95% del minore tra il prezzo risultante dal compromesso ovvero il valore riportato in perizia”. Il mutuatario contestava, dunque, la validità del finanziamento, deducendo che il mutuo fondiario doveva essere rispettoso del limite di finanziabilità e che la violazione comportava la nullità integrale del finanziamento.

La Corte, prendendo le distanze dal Giudice di prime cure – il quale aveva previsto, come unica conseguenza alla violazione della regola sul limite di finanziabilità, la riqualificazione giuridica del rapporto da mutuo fondiario a ordinario mutuo ipotecario, con una totale riviviscenza del contratto di mutuo – statuiva la nullità del mutuo in questione perché la deroga all’art. 38 T.U.B. posta dalle condizioni generali allegate al rogito era incompatibile con la disciplina di ordine pubblico quale limite inderogabile all’autonomia privata . Né poteva attuarsi la conversione ex art. 1424 c.c. in mutuo ipotecario comune, non avendo la banca formulato espressa e tempestiva istanza di conversione. In particolare, il Tribunale aveva violato il principio per cui la conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c. non può essere pronunciata d’ufficio, ma solo su istanza di parte[9].

In secondo luogo, e sulla scia di quanto già concluso dalla Corte di Appello di Venezia nella sentenza del 20 maggio 2019, n. 2660, il superamento del limite di finanziabilità comporta la nullità del mutuo in quanto “la ratio della norma è quella di non esporre il mutuatario debitore ai rischi espoliativi (per la residua parte del suo patrimonio) ovvero di pura sorte[…].Il limite di finanziabilità risponde, difatti, all’esigenza di circoscrivere il rischio insito in operazioni che non presentano ex ante sufficienti prospettive di effettiva fattibilità e buon esito per cui attiene ad interessi pubblici, di sistema, essendo una norma imperativa di validità del contratto”. Ai fini del superamento del limite di finanziabilità il prezzo di compravendita vale come indicatore dell’effettivo valore di mercato del bene stesso. Il valore da considerare ai sensi dell’art. 38 T.U.B. è il “valore cauzionale” del bene (cd. valore di netto realizzo in asta), ovvero il valore che sia frutto di una stima basata sul “prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile”. Tale apprezzamento non può che prendere le mosse dal prezzo che le parti hanno determinato all’esito delle trattative e, in mancanza di diverse allegazioni, va determinato in un valore necessariamente più basso di quel prezzo.

Per l’effetto la Corte di Appello di Torino ha accolto l’impugnazione, condannando la banca alla restituzione delle somme versate in eccesso al capitale erogato.

5. La prova del superamento del limite di finanziabilità

Una ulteriore considerazione involge il tema della prova del superamento del limite di finanziabilità. In particolare, ci si chiede se l’onere di dimostrare il rispetto di tale soglia gravi sul creditore e, quindi, sulla banca mutuante, ovvero sul debitore. Il tema appare assai rilevante se si considera che il contratto della cui validità si discute è il titolo sul quale l’istituto di credito fonda la propria pretesa creditoria.

Orbene, non appare arduo sostenere che dalla mera lettura del contratto di mutuo non si evince se lo stesso sia stato concluso in violazione dell’art. 38, comma 2° T.U.B., atteso che all’interno lo stesso verrà indicato esclusivamente il capitale erogato. Inoltre, il debitore non può aver accesso agli atti dell’istruttoria della banca attuata a seguito di una richiesta di finanziamento.

Per tutte queste ragioni, la Cassazione nella sentenza n. 1193/2020ha disposto che la prova del superamento del limite di finanziabilità può darsi, essenzialmente, in tre modi: producendo, oltre che il contratto di finanziamento, anche il contratto di compravendita dell’immobile; in alternativa, il giudice dovrà ordinare una perizia che ricostruirà il valore del cespite al momento della erogazione del finanziamento; ancora, producendo copia della perizia di parte dell’immobile redatta su incarico della banca prima dell’erogazione del finanziamento.

In tale contesto, preme evidenziare come la più recente giurisprudenza di merito[10]abbia sottolineato l’operatività del cd. principio di vicinanza della prova, secondo cui l’onere della prova deve essere ripartito tenendo conto in concreto della possibilità per l’uno o per l’altro dei contendenti di provare circostanze che ricadono nelle rispettive sfere d’azione, per cui è ragionevole gravare dell’onere probatorio la parte a cui è più vicino il fatto da provare.

Appare condivisibile, dunque, che l’onere di dimostrare il rispetto della soglia di finanziabilità gravi sul creditore, quale unico soggetto in possesso della documentazione preliminare e prodromica alla concessione del finanziamento.

6. La notifica del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 41 T.U.B.

Di recente, con sentenza n. 12972 del 28 settembre 2020, il Tribunale di Roma, Sez. XVII – adito per decidere in merito alla nullità delle pattuizioni relative ad un contratto di mutuo fondiario per usura, indeterminatezza dei tassi, violazione ISC e limite di finanziabilità – ha statuito che “il creditore non è esentato dall’obbligo di previa notifica del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 41, comma 1° T.U.B. ai sensi dell’art. 41, comma 1° T.U.B.

Il Giudice di merito ha aderito all’orientamento della Cassazione Civ., sentenza n. 17439 del 28 giugno 2019 secondo cui il limite di finanziabilità ex art. 38, comma 2° T.U.B. non esaurisce i suoi effetti sul piano della condotta dell’istituto di credito mutuante, ma è elemento essenziale per la valida qualificazione del contratto di mutuo come fondiario e quindi per l’applicabilità della relativa disciplina di privilegio, sostanziale e processuale, in favore del creditore. Pertanto, il superamento di tale limite, comporta, “tanto ove sia necessario inferirne la nullità dell’intero contratto, salva la conversione ex art. 1424 c.c., quanto ove sia sufficiente la riqualificazione di quello come mutuo ordinario con disapplicazione della disciplina di privilegio, la sicura non operatività della norma che esenta il creditore fondiario dall’obbligo di previa notifica del titolo esecutivo ai sensi dell’art. 41, comma 1° T.U.B.”.

Il Giudice di merito ha ritenuto, quindi, che una declaratoria di assoluta nullità del mutuo costituirebbe un oggettivo detrimento per parte mutuataria e quindi per la parte debole del rapporto che si vedrebbe costretta a dover restituire immediatamente il capitale ricevuto maggiorato di interessi detratto quanto già pagato a titolo di capitale ed interessi e quindi, in applicazione di detto principio, l’accertato superamento del limite di finanziabilità del mutuo consente la sola preclusione della notifica del titolo esecutivo ex art. 41 T.U.B.

7. Osservazioni finali

Alla luce di quanto sopra esposto, la risposta giurisprudenziale al quesito di diritto circa le conseguenze da applicare al contratto di mutuo fondiario qualora quest’ultimo superi il limite di finanziabilità previsto dall’art. 38 T.U.B., non pare lasciar spazio ad alcun dubbio interpretativo.

La violazione del limite di finanziabilità determinerebbe la nullità integrale del mutuo fondiario e, quindi, la totale disapplicazione della disciplina fondiaria al mutuo sopra soglia ritenendolo privo del requisito essenziale disciplinato dalla legge speciale. Il contratto di finanziamento, seguendo l’insegnamento espresso dai Giudici di legittimità e di Appello, potrà essere riqualificato come mutuo ordinario ai sensi e per gli effetti della conversione del contratto nullo ex art. 1424 c.c. qualora ne rispetti i requisiti di forma.

A tale riguardo deve precisarsi che l’istanza di conversione può ritenersi ammissibile ove sia stata avanzata nel primo momento utile conseguente alla rilevazione della nullità, posto che non può aver luogo d’ufficio dal Giudice.

A parere dello scrivente, dunque, non può escludersi la possibilità che il contratto di mutuo fondiario sopra soglia, ritenuto nullo per mancanza di taluno dei requisiti prescritti dalla disciplina del credito fondiario, sia reputato, ai sensi dell’art. 1424 c.c., idoneo a produrre gli effetti di un contratto di mutuo ordinario, in quanto dotato dei relativi requisiti. Com’è noto, infatti, per poter procedere a detta conversione, volta al conseguimento di un risultato più limitato di quello originariamente desiderato dalle parti, ma ipoteticamente conforme alla volontà delle stesse, occorre distinguere il loro intento pratico oggettivo.

Pertanto, la possibilità di procedere alla ridetta conversione è subordinata all’esame dell’intento oggettivo-pratico delle parti e non della loro volontà concreta, poiché ciò comporterebbe – esclusi i casi in cui l’istituto di credito realizzi un comportamento fraudolento o poco diligente – la coscienza della nullità dell’atto compiuto. Di tal che il contratto nullo possa convertirsi in un altro contratto i cui effetti realizzano, seppur in parte, quell’intento oggettivo. In altri termini, il Giudice di merito dovrà verificare che qualora il debitore avesse conosciuto della nullità del contratto per superamento del limite di finanziabilità, avrebbe certamente concluso un mutuo ordinario alle medesime condizioni di vantaggio; d’altra parte, la banca che non per sua colpa ha confidato nel valore dell’immobile come da perizia al momento dell’erogazione del finanziamento, avrebbe verosimilmente stipulato un contratto di mutuo che gli avrebbe consentito di ottenere una garanzia reale per l’importo finanziato.

Da ultimo si aggiunga che: a) i parametri valutativi espressi nelle richiamate pronunce di legittimità e di merito risultano essere alquanto aleatori nella misura in cui (nella maggior parte dei casi) rimettono alla prudente discrezionalità del perito, all’uopo richiamato,[11]porre in essere una valutazione ex postche accerti l’effettivo superamento del limite di finanziabilità; b) in tema di onere della prova, in sede giudiziale, si assisterebbe ad una vera e propria inversione dell’onus probandi in forza del sopra richiamato principio della vicinanza della prova che sposterebbe inevitabilmente tale incombente in capo al soggetto a cui è più vicino il fatto da provare, ossia la banca.

 

 

 


[1]Cassazione Civ., sentenza n. 26672, 28 novembre 2013; Cassazione Civ, sentenza n. 27380, 6 dicembre 2013; Cassazione Civ., sentenza n. 22446, 4 novembre 2015; Cassazione Civ., sentenza n. 4471, 7 marzo 2016; Cassazione Civ., sentenza n. 9132, 6 maggio 2016; Cassazione Civ., sentenza n. 13164, 24 giugno 2016.
[2]Corte di Appello di Torino, sentenza n. 872, 27 agosto 2020.
[3]Preme evidenziare, sotto il profilo soggettivo, come la riforma del 1993 abbia attribuito a tutte le “banche” la facoltà di erogazione del credito fondiario, sottraendola ai soli istituti di credito autorizzati, c.d. istituti specializzati. Non solo. Sotto il profilo oggettivo si sottolinea, da un lato, la scomparsa del credito edilizio, ora assorbito all’interno della definizione di credito fondiario; dall’altro che, con la nozione di “finanziamento”, il legislatore pare aver ampliato il novero delle forme negoziali mediante le quali poter attuare operazioni fondiarie.
[4]Cfr. nota 1. In particolare, secondo la Cassazione Civ., sentenza n. 26672 del 28 novembre 2013, l’art. 38 T.U.B. attiene ad un elemento necessario del contratto concordato fra le parti, qual è l’oggetto negoziale, e, pertanto, non rientra nell’ambito della previsione di cui all’art. 117 T.U.B. che attribuisce, invece, all’istituto di vigilanza un potere “conformativo” o “tipizzatorio” del contenuto del contratto, prevedendo clausole-tipo da inserire nel regolamento negoziale a tutela del contraente debole. Ne deriva che il superamento del limite di finanziabilità non cagiona alcuna nullità, neppure relativa, del contratto di mutuo fondiario.
[5]Per valutare il corretto operato dell’istituto di credito la giurisprudenza riprende la nota distinzione tra nome imperative di comportamento e di validità del contratto resa dalla Cass. Sez. Un., 19 dicembre 2007, n. 26724 in tema di servizi di intermediazione finanziaria riconducendo l’art. 38 T.U.B. alla stregua di norma imperativa di comportamento, dalla cui violazione non potrebbe derivare alcuna nullità del mutuo fondiario
[6]Tribunale di Venezia, 26 luglio 2012, Tribunale di Firenze, 30 ottobre 2014.
[7]L. Balestra, “Il superamento dei limiti di finanziabilità nel mutuo fondiario tra regole di validità e regole di comportamento
[8]Cfr., altresì, Cassazione Civ., sentenza n. 6586 del 6 marzo 218; Ordinanze della Cassazione n. 11201 del 9 maggio 2018 e n.13286 del 28 maggio 2018, nonché n. 1193 del 21.01.2020.
[9]Cfr. Corte di Appello di Venezia, sentenza del 25 giugno 2019, n. 2660
[10]Su tutte, Cfr. Trib. Latina, 28 agosto 2019, n. 318
[11]Preme ricordare che il perito chiamato a stimare l’immobile oggetto di garanzia applica il principio enunciato dalla Direttiva 2006/48/CE del 16.06.2006, recepita altresì da Banca d’Italia, secondo cui “per valore del credito ipotecario si intende il valore dell’immobile quale determinato in base ad un prudente apprezzamento della futura negoziabilità dell’immobile stesso tenendo conto degli aspetti durevoli a lungo termine dell’immobile, delle condizioni normali e locali del mercato, dell’uso corrente dell’immobile e dei suoi apparati alternativi. Nella stima del valore del credito ipotecario non possono intervenire considerazioni di carattere speculativo. Il valore del credito ipotecario deve essere documentato in modo chiaro e trasparente”.

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