Le immissioni: forme di tutela e riparto di giurisdizione

Le immissioni: forme di tutela e riparto di giurisdizione

La disciplina delle immissioni rientra nell’ambito della regolamentazione dei rapporti di vicinato e trova il proprio fondamento normativo nell’art. 844 c.c. il quale testualmente nega al proprietario di un fondo la possibilità “di impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.”

Pertanto il limite delle immissioni è rappresentato non già dalla normalità dell’esercizio di una determinata attività, quanto dalla normale tollerabilità per chi deve subirla.

Dunque la forma di tutela principale riconosciuta al proprietario del fondo immesso è rappresentata dall’azione inibitoria la quale è subordinata al superamento della soglia di normale tollerabilità vagliata alla luce delle esigenze di produzione e delle condizioni ambientali che sussistono nel caso concreto.

A tal riguardo, l’autorità giudiziaria potrà servirsi della normativa pubblicistica di settore in materia di immissioni utilizzando, al fine di pervenire a una valutazione quanto più oggettiva possibile, i dati statistici e misurabili di riferimento. Questi ultimi non sono vincolanti per il giudice essendo diretti al perseguimento di un interesse esclusivamente pubblicistico.

Tanto premesso occorre soffermarsi sul rapporto intercorrente tra la normativa pubblicistica e quella privatistica.

Sul punto in dottrina e in giurisprudenza è invalso l’assunto per cui si tratterebbe di un rapporto c.d. di “interferenza relativa” in base al quale il superamento dei limiti pubblicistici non comporta sempre la qualificazione di una immissione come intollerabile (escludendosi così l’automatica esperibilità dell’azione inibitoria civilistica) e viceversa un’immissione lecita e autorizzata dalla normativa pubblicistica di settore potrebbe risultare comunque intollerabile per il proprietario del fondo immesso.

In quest’ottica dunque sarà possibile prospettare quattro diverse tipologie di immissione: immissione tollerabile e autorizzata dalla normativa pubblicistica; immissione tollerabile ma non autorizzata dalla normativa pubblicistica; immissione intollerabile e non autorizzata; immissione intollerabile e autorizzata quando l’ordinamento ritiene prevalente tutelare l’interesse dal quale scaturiscono le immissioni.

Tanto precisato, l’azione inibitoria privatistica sarà esperibile solo al cospetto di un’immissione intollerabile sia essa autorizzata o meno.

Più precisamente, le ipotesi di immissioni intollerabili ma autorizzate possono dar luogo alla corresponsione di un indennizzo da attività lecita dannosa alla luce del contemperamento dei due interessi contrapposti: l’esercizio di un’attività rispondente a un interesse pubblico generale e il danno arrecato al proprietario del fondo.

Diversamente, per le immissioni intolleranti e non autorizzate sarà possibile esperire un’azione inibitoria la quale a sua volta può assumere una diversa connotazione in base alla finalità della stessa.

In particolare, l’azione acquista natura reale, rientrando nello schema della negatoria servitutis, qualora l’attore miri ad ottenere un divieto definitivo delle immissioni[1] nei confronti di tutti i proprietari attuali o futuri del fondo medesimo e dei loro aventi causa, in modo da conseguire l’accertamento della infondatezza della pretesa relativa al diritto di produrre siffatte immissioni.

La medesima azione ha invece natura personale, sub specie di risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., nel caso in cui l’attore voglia inibire il comportamento illecito del solo autore materiale delle immissioni, detentore ovvero comproprietario del fondo, il quale si trovi nella giuridica possibilità di eliminare queste ultime senza bisogno dell’intervento del proprietario o degli altri comproprietari del fondo medesimo.

Oltre all’azione inibitoria il proprietario potrà esperire un’azione risarcitoria ex art. 2043 c.c. per il risarcimento di danni patrimoniali e non patrimoniali e in particolare per il danno biologico da lesione del bene salute.

Dubbi sorgono circa la risarcibilità del danno non patrimoniale da lesione al diritto alla tranquillità domestica. Sul punto la giurisprudenza è ormai granitica nell’ammetterlo purché si tratti di un danno attuale e concreto. Tra gli argomenti addotti a sostegno di questa soluzione estensiva viene richiamato l’art.8 CEDU il quale è stato interpretato nel senso di riconoscere anche il risarcimento da lesioni del diritto al normale svolgimento della vita familiare e alla libera esplicazione della personalità e delle abitudini di vita all’interno della propria abitazione.

Riparto di giurisdizione. Con riferimento all’individuazione del giudice competente a pronunciarsi in materia di immissioni occorre distinguere l’ipotesi in cui venga ad essere contestato un titolo abilitativo rilasciato dalla PA a seguito del quale vengono svolte attività che potrebbero produrre immissioni (si pensi ad esempio all’autorizzazione  all’istallazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica), da quello in cui il superamento della soglia della normale tollerabilità prescinda dalla contestazione del titolo autorizzativo.

Nel primo caso infatti è competente il giudice amministrativo il quale sarà tenuto a pronunciarsi sull’annullamento di un provvedimento amministrativo di autorizzazione ritenuto illegittimo.

Nel secondo caso invece è competente il giudice ordinario anche qualora le immissioni intollerabili provengano da un’area pubblica.

A tal riguardo, con riferimento ad esempio delle immissioni acustiche provenienti da aree pubbliche, la Cassazione ha chiarito che appartiene alla giurisdizione ordinaria la controversia avente ad oggetto la domanda di condanna della P.A. a provvedere, con tutte le misure adeguate, all’eliminazione o alla riduzione nei limiti della soglia di tollerabilità delle immissioni nocive, oltre che al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali atteso che “l’inosservanza da parte della P.A. delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario, non solo, per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere, tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un’attività soggetta al principio del neminem laedere. [2]”

 

 

 

 

 


[1] Cass.civ. sez. 2, sent. n. 26882 del 2019, Oliva, Rv. 655665-01
[2] Cass.civ.,sezioni unite, ordinanza n. 21993/2020, Vincenti, Rv. 659163-01.

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Avv. Marta Calabrese

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