Assegno divorzile: NO al “tenore di vita” dell’ex coniuge, SI a quello dei figli

Assegno divorzile: NO al “tenore di vita” dell’ex coniuge, SI a quello dei figli

La recentissima sentenza della Corte di Cassazione dello scorso 10 maggio n. 11504/2017 ha rivoluzionato quelli che erano i termini dell’assegno divorzile spettante all’ex coniuge, in sede di divorzio.

La giurisprudenza sin dagli anni novanta è stata concorde nel ritenere che all’ex coniuge, quale parte debole del rapporto, dovesse essere garantito lo stesso tenore di vita, goduto in costanza di matrimonio.

Ebbene, sul punto, con un cambio di rotta improvviso la suprema Corte ha mutato radicalmente il precedente e consolidato orientamento che collegava la misura dell’assegno al parametro del tenore di vita matrimoniale, indicando quali nuovi parametri di riferimento l’indipendenza o autosufficienza economica dell’ex coniuge che lo richiede. Detta decisione è stata motivata sulla base che una volta raggiunto lo scioglimento definitivo del matrimonio civile, i due ex coniugi da coppia che erano tornano ad essere considerati come persone singole; essendo venuto meno ogni tipo di rapporto tra le parti.

Tale evoluzione evidenzia ancora di più il superamento della concezione patrimonialistica del matrimonio inteso come sistemazione definitiva, in favore dell’attuale significato che, a parere dei supremi giudici, è oggi atto di libertà e di autoresponsabilità, nonchè locus degli affetti e di effettiva comunione di vita, in quanto tale dissolubile.

I principali indici utilizzati ai fini della valutazione sono :

  • Autoresponsabilità economica;

  • Possesso di redditi mobiliari e immobiliari;

  • Capacità e possibilità effettiva di lavoro personale;

  • Stabile disponibilità di un’abitazione.

Ma quali sono gli ambiti di applicazione della nuova sentenza ?

In primis, giova precisare che la nuova sentenza si limita soltanto al divorzio, ovvero allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio e non alla separazione personale dei coniugi. Questo perché soltanto in sede di divorzio, si addiviene ad una definitiva estinzione del rapporto di coniugio.

In secundis, tale pronuncia non può trovare applicazione nei confronti dei figli, che hanno il diritto di essere mantenuti secondo le effettive e concrete possibilità reddituali ed economiche dei genitori, fino al momento in cui non sono nella condizione di provvedere autonomamente a se stessi.

Nonostante, infatti, si parli di svolta epocale e a parere di chi scrive anche morale, emerge in tutta la sua evidenza la duplice realtà manifestata dalla suddetta sentenza rispetto alla quale va a delinearsi il diverso trattamento economico riservato ai figli, da un lato, e all’ex coniuge, dall’altro. Il primo fonda le sue radici sul tenore di vita matrimoniale, che i genitori devono comunque garantire ai figli, secondo la propria capacità reddituale. Il secondo invece si fonda sul principio dell’autodeterminazione economica dell’ex coniuge.

Ciò, peraltro, è del tutto coerente con le differenze che sono alla base dei due diversi rapporti, quello di coniugio destinato a poter finire e quello di filiazione che, ex adverso, non può estinguersi. Di guisa comporta la responsabilità dei genitori di provvedere al mantenimento dei figli, fermo restando il dovere di questi ultimi di rendersi autonomi non potendo gravare sempre sui genitori.


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