Modifiche delle condizioni di divorzio inerenti il versamento dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne

Modifiche delle condizioni di divorzio inerenti il versamento dell’assegno di mantenimento del figlio maggiorenne

Il presente contributo si propone di esaminare se la mancata ricerca di occupazione lavorativa, nonché la svogliatezza dei giovani di cercare un lavoro, sia motivo fondante per richiedere la revoca dell’assegno di mantenimento da parte del genitore che lo versava a seguito dell’intervenuta separazione con l’ex coniuge.

Sul punto gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità sono stati molteplici.

Secondo un primo orientamento la revoca dell’assegno di mantenimento potrebbe essere disposta soltanto quando il ragazzo abbia trovato un’ occupazione lavorativa stabile non bastando la sussistenza del raggiungimento della maggiore età; secondo altro orientamento invece, il raggiungimento della maggiore età accompagnato da un atteggiamento di svogliatezza del ragazzo basterebbe ad accogliere la richiesta del genitore che richiede la revoca dell’assegno di mantenimento posto che, avendo un soggetto acquisito la capacità di agire, può e dovrebbe attivarsi al fine di ricercare un’occupazione lavorativa.

Sul punto, recentemente sono stati chiamati ad intervenire i giudici della Suprema Corte in relazione a una vicenda che vedeva avanzare da parte del padre di un ragazzo maggiorenne una richiesta per la modifica delle condizioni di divorzio inerenti l’assegno di mantenimento che versava al figlio pari a circa 1000 euro mensili.

In particolare, a sostegno della propria domanda, il padre del ragazzo assurgeva che lo stesso non aveva completato gli studi e che si era rifiutato per ben due volte di accettare le proposte lavorative che il padre gli aveva avallato. Contro tale richiesta proponeva reclamo la madre del ragazzo, la quale specificava che i motivi per i quali il figlio aveva rifiutato le proposte lavorative propostegli dal padre erano da rinversi nel fatto che lo stesso per ben due anni aveva dovuto astenersi dal lavoro perché aveva donato il midollo osseo alla sorella malata, la quale tuttavia era deceduta.

La Corte d’ Appello, in un primo momento teneva conto del fatto che il ragazzo ben due volte ingiustificatamente avesse rifiutato una proposta lavorativa, ma poi  accoglieva parzialmente il reclamo proposto dalla madre del ragazzo asserendo che nonostante fosse stata provata la negligenza del ragazzo negli studi e nel reperimento di un lavoro, era altrettanto vero che la sua giovane età nonché le vicende familiari che aveva dovuto vivere fossero condizioni idonee a giustificare il mancato raggiungimento di un’autonomia economica, e che lo stesso si sarebbe iscritto ad un’agenzia di ricerca del  lavoro a dimostrazione del fatto che aveva intenzione di trovare un’occupazione lavorativa; quindi sulla scorta di tale motivazione la Corte d’appello riduceva della metà l’assegno di mantenimento che il padre avrebbe dovuto continuare a versare alla madre del ragazzo.

Avverso la decisione della Corte d’appello proponeva, però, impugnazione in Cassazione il padre del ragazzo adducendo che la motivazione del giudice di seconde cure fosse illogica e contraddittoria, nonché lesiva del principio del giusto processo, e quindi dovesse essere dichiarata nulla e ciò in quanto la Corte d’appello dapprima aveva dato rilevanza alla svogliatezza del ragazzo di trovare un’occupazione lavorativa e successivamente aveva tenuto conto del contesto familiare in cui il ragazzo era stato costretto a vivere, non tenendo conto del fatto che proprio perché la sorella del ragazzo stava male e la madre era costretta a starle accanto lo stesso si sarebbe dovuto responsabilizzare. Contro tale ricorso presentava controricorso la ricorrente, madre del ragazzo, la quale eccepiva che il ricorso proposto dall’ex marito fosse inammissibile perché i provvedimenti resi in sede di reclamo non sono definitivi e perché riteneva  che la Corte d’appello abbia ampiamente motivato la sua decisione in punto di fatto.

I giudici di Piazza Cavour, ritengono che l’eccezione avanzata dalla controricorrente è infondata, perché i provvedimenti resi in sede di reclamo sono definitivi, e ritengono sussistente il vizio di carenza di motivazione da parte della Corte d’appello nonché la sua decisione, atteso che accertata la negligenza di un ragazzo verso gli studi, la semplice iscrizione ad un’agenzia del lavoro non è giustificativa della volontà dello stesso di voler cercare realmente un’occupazione, posto che avrebbe già rifiutato precedenti occasioni lavorative.

Per cui il mancato conseguimento di un’autonomia economica legittima e comporta la perdita dell’assegno di mantenimento e una modifica delle condizioni di divorzio, visto che come ribadito anche dalla Cassazione nell’ordinanza nr. 18785/2021 deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata. E il relativo obbligo di corresponsione viene meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo.


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