Avvocati, illecito aderire a Convenzioni pubbliche che violano l’equo compenso

Avvocati, illecito aderire a Convenzioni pubbliche che violano l’equo compenso

Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 28 dicembre 2017, n. 246

L’adesione dell’avvocato a una Convenzione che prevede compensi irrisori costituisce illecito disciplinare, in quanto lesivo del decoro e della dignità della categoria cui appartiene.

La vicenda

Il COA di Trani apriva un procedimento disciplinare a carico di un avvocato a seguito di numerose segnalazioni relative all’attivazione, da parte del Comune di Bisceglie, di una convenzione avente ad oggetto incarichi professionali da remunerare ad un costo forfettario di 17 euro (comprensivo di IVA e CPA!) per ogni consulenza ante causa e per il patrocinio di cause innanzi al Giudice di pace.

Tra gli avvocati firmatari della convenzione vi era l’avvocato incolpato, che veniva più volte invitato dal COA a fornire chiarimenti e documentazione rilevante (ivi inclusa la convenzione).

Si apprendeva, poi, dalla Gazzetta del Mezzogiorno che gli avvocati firmatari della predetta convenzione avevano <<rinunciato ad ogni forma di compenso>> proprio a causa del procedimento disciplinare e che avevano deciso di portare avanti <<tutti i giudizi a titolo gratuito>>.

La decisione del COA di Trani

Il COA perveniva all’affermazione di colpevolezza in relazione all’art. 5 del C.D. poiché la convenzione con il quale l’incolpato accettava il compenso per ogni giudizio nella misura di € 17,00, compresivi di IVA e CPA, realizzava <<un comportamento gravemente pregiudizievole del decoro e della dignità professionale e mortifica la peculiare funzione della professione forense>> ed ancora in riferimento all’art. 19 CD, poiché la sottoscrizione della convenzione, con onorari così sproporzionati, <<costituisce un modo non corretto usato per l’acquisizione della clientela>>.

Infine il COA sottolineava che <<il possibile illecito in violazione dell’art.19 del C.d.f. si consuma indipendentemente dal fatto che il rapporto di clientela si instauri effettivamente per l’effetto della condotta volta all’accaparramento posta in essere dall’avvocato e indipendentemente dal fatto che abbia tratto vantaggio alcuno dalla condotta assunta, atteso che la norma in esame delinea un illecito di pericolo e non di danno>>.

Evidenziava inoltre il COA che l’avere l’incolpato rinunciato alla convenzione sottoscritta prevedendo la gratuità delle prestazioni non elide l’antigiuridicità delle condotte pregresse, in violazione dell’art. 19 CD.

L’avvocato impugnava la decisione al Consiglio Nazionale Forense.

La decisione del CNF

Il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la responsabilità dell’incolpato e la sanzione inflitta dell’avvertimento.

La decisione del COA di Trani è stata, infatti, interamente condivisa nella parte in cui afferma che avere sottoscritto una convenzione proposta dal Comune di Bisceglie, con la quale l’incolpato accettava il compenso “irrisorio” di € 17,00 omnia ad affare costituisce <<un comportamento gravemente pregiudizievole del decoro e della dignità professionale, mortifica la peculiare funzione della professione forense e costituisce un modo non corretto per l’acquisizione della clientela. Né può ritenersi che a seguito della prima normativa sulle liberalizzazioni (DL 223/2006) e venuta meno l’inderogabilità dei minimi tariffari sia comunque consentito usare metodi di acquisizione della clientela che, ledendo il decoro e la dignità della professione hanno un sicuro disvalore deontologico>>.

Del resto – evidenzia il CNF – nel caso che interessa è lo stesso incolpato che, avvedutosi che il proprio comportamento non era in linea con i precetti deontologici, ha cercato di rimediare rinunziando al compenso di €17,00 ad affare ed invocando a sua discolpa la gratuità della prestazione.

Ma come ha correttamente rilevato nella propria decisione il COA la gratuità della prestazione, intervenuta comunque in epoca successiva alla sottoscrizione della convenzione, non elimina l’illiceità deontologica del comportamento e la violazione dei precetti 5 e 19 CD contestati all’incolpato.


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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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