Gli strumenti di semplificazione e gli interessi sensibili, con particolare riguardo al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica

Gli strumenti di semplificazione e gli interessi sensibili, con particolare riguardo al procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica

Sommario: 1. Premessa – 2. Gli strumenti di semplificazione previsti dalla legge n. 241/1990 e gli interessi sensibili – 3. Il parere della Soprintendenza nel procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica – 4. Conclusioni

 

1. Premessa

La riforma della PA, introdotta dalla legge n. 124/2015 e i successivi decreti delegati ha interessato la disciplina del procedimento amministrativo e ha introdotto disposizioni normative finalizzate alla semplificazione.

Le novità normative sono ispirate dalla consapevolezza che la semplificazione con la riduzione dei tempi, si collega ai principi costituzionali dell’efficienza e del buon andamento di cui all’art. 97 della Costituzione nonché all’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea che riconosce al cittadino il diritto alla definizione in tempi ragionevoli dei procedimenti amministrativi che lo riguardano.

Il legislatore è intervenuto introducendo nuovi strumenti di semplificazione come l’art. 17 bis della legge n. 241/1990 e modificando le modalità di funzionamento della conferenza dei servizi.

L’esigenza di accelerare  i tempi del procedimento è stata avvertita come primaria dal legislatore che è intervenuto incidendo anche sugli interessi sensibili (ovvero che hanno rilevanza costituzionale), superando così l’impostazione tradizionale che riconosceva ad essi una tutela rafforzata.

Infatti, tradizionalmente gli istituti di semplificazione previsti dalla legge n. 241/1990 come la conferenza dei servizi (art. 14), l’attività consultiva (art. 16), l’acquisizione di valutazioni tecniche (art. 17), la scia (art. 19) e il silenzio assenso (art. 20), hanno ricevuto con riguardo ai procedimenti amministrativi coinvolgenti interessi sensibili un’applicazione prudente o è stata completamente esclusa.

In merito alla possibilità di una compressione degli interessi sensibili, la Corte Costituzionale, pur qualificando tali interessi come valori primari, ha ammesso la possibilità di un loro bilanciamento con altri valori di pari rango costituzionale[1]. Tale bilanciamento è ammesso nel rispetto dei criteri di proporzionalità e ragionevolezza atteso che non sarà mai possibile consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale.

Pertanto, il bilanciamento tra interessi di pari rango costituzionale dovrà avvenire da parte del legislatore nel rispetto dei seguenti criteri : 1) necessità (per cui la scelta di limitare un interesse costituzionale deve giustificarsi dalla necessità di tutelare un interesse di pari rango; 2) sufficienza ( per cui la compressione deve essere circoscritta a quanto sufficiente per tutelare l’altro interesse; 3) proporzionalità (occorrerà salvaguardare il nucleo essenziale del valore compresso ).

Considerato che alcune norme introdotte con la riforma incidono sugli interessi sensibili, si è discusso in merito alla loro compatibilità con i limiti posti dalla giurisprudenza costituzionale al bilanciamento tra interessi di pari rango costituzionale.

2. Gli strumenti di semplificazione previsti dalla legge n. 241/1990 e gli interessi sensibili

Tra gli istituti di semplificazione del procedimento amministrativo rileva la conferenza di servizi, disciplinata dagli articoli 14 e seguenti della legge n. 241/1990 che individua tre tipologie : quella istruttoria, quella preliminare e quella decisoria.

La prima è sempre facoltativa in quanto può essere indetta dall’amministrazione procedente quando ritiene opportuno effettuare un esame contestuale degli interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo ovvero in procedimenti connessi (art. 14, comma 1).

La seconda può essere indetta per progetti di particolare complessità e di insediamenti produttivi di beni e servizi su richiesta dell’interessato, corredata da uno studio di fattibilità al fine di verificare prima della presentazione di un’istanza o di un progetto definitivo quali siano le condizioni per ottenere i necessari atti di assenso (art. 14, comma 3).

La terza è sempre obbligatoria quando per la conclusione del procedimento occorre l’acquisizione di più pareri, intese, concerti, nulla osta o altri atti di assenso da adottare a conclusione di distinti procedimenti di competenza delle diverse amministrazioni (art. 14, comma 2).

In tal caso, le manifestazioni di assenso rese nella conferenza delle amministrazioni partecipanti sostituiscono gli atti tipici che sarebbero necessari per la conclusione del procedimento.

Le Amministrazioni coinvolte devono rendere le loro determinazioni in termini di assenso o dissenso motivato. La mancata comunicazione dell’assenso entro il termine perentorio o il dissenso immotivato equivalgono ad assenso.

Il silenzio assenso opera anche con riguardo agli interessi sensibili; pertanto, si considera acquisito l’assenso dell’Amministrazioni preposte alla tutela della salute, dell’ambiente, del paesaggio e dei beni culturali quando il rappresentante, all’esito dei lavori della conferenza, non ha espresso la volontà dell’Amministrazione rappresentata (fatta eccezione per i procedimenti in materia di VIA, VAS e AIA).

Occorre rilevare che tale previsione ha sollevato delle perplessità potendo comportare la sottrazione di interessi costituzionalmente rilevanti ad una valutazione concreta.

Per superare tali dubbi parte della dottrina ha prospettato un’interpretazione costituzionalmente orientata affermando che in caso di inerzia di una PA  e di formazione del silenzio assenso, l’Amministrazione procedente è comunque tenuta a valutare tale interesse.

Un altro strumento di semplificazione è quello previsto dall’art. 17 bis. Tale norma stabilisce che nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi di amministrazioni pubbliche per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni, le PA competenti comunicano il proprio assenso entro il termine di 30 giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento da parte dell’Amministrazione procedente. Decorso inutilmente il termine, l’assenso si intende acquisito.

La norma estende il silenzio assenso anche agli atti di assenso richiesti ad Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, anche se i termini sono maggiori pari a 90 giorni (salvi, comuque, i termini diversi previsti da leggi speciali).

L’estensione del silenzio assenso agli interessi sensibili operato dall’art. 17 bis ha sollevato critiche in quanto considerato incompatibile con gli articoli 16 e 17 della legge n. 241/1990.

Sul punto è intervenuto il Consiglio di Stato che ha escluso l’asserita incompatibilità evidenziando la portata limitata dell’art. 17 bis[2]. Infatti, si evidenzia che il silenzio assenso di cui all’art. 17 bis trova applicazione solo nei procedimenti caratterizzati da una fase decisoria pluristrutturata  e, dunque, nei casi in cui l’atto da acquisire ha una valenza codecisoria.

3. Il parere della Soprintendenza nel procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica

La riforma, introdotta dalla legge n. 124/2015, ha inciso anche sul rilascio dell’autorizzazione paesaggistica prevista dall’art. 146 del dlgs n. 42/2004.

Nel procedimento intervengono diverse PA:  il Comune che riceve l’istanza, la Regione (salvo delega ai comuni), la Soprintendenza che è tenuta a rendere un parere obbligatorio e vincolante.

L’autorizzazione paesaggistica, prescritta dall’art. 146 del dlgs n. 42/2004 deve essere richiesta quando l’immobile o l’area oggetto di intervento è sottoposta ai vincoli di cui agli artt. 136 e 142.

La procedura per il suo rilascio può avviarsi su richiesta diretta del proprietario verso la Regione o l’ente delegato oppure su richiesta indiretta del Comune che inoltra l’istanza verso la Regione o l’ente delegato. Nei rapporti orizzontali intercorrenti tra la Soprintendenza e l’ente preposto al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica si applica l’art. 17 bis della legge n. 241/1990. Tale norma, al comma 3, prevede che le disposizioni del silenzio assenso si applicano anche ai casi in cui è prevista l’acquisizione di atti di assenso di Amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali; in tali previsioni rientra anche l’autorizzazione paesaggistica.

Pertanto, con riguardo all’autorizzazione paesaggistica, se la Soprintendenza non si pronuncia nei termini prescritti si forma il silenzio assenso e l’Amministrazione procedente provvede al rilascio del titolo.

 Il Consiglio di Stato ha  precisato che, decorso il termine assegnato, la Soprintendenza conserva la possibilità di rendere il parere ma esso perde il suo valore vincolante e dovrà, quindi, essere autonomamente valutato dalla PA preposta al rilascio del titolo[3].

Quanto evidenziato in ordine all’operatività del silenzio assenso nei rapporti orizzontali tra PA, non vale per i rapporti verticali tra PA  preposta al rilascio dell’autorizzazione e i privati. Infatti, in questi casi, resta applicabile l’art. 20 comma 4 della legge n. 241/1990 che esclude espressamente il silenzio assenso per i procedimenti riguardanti il patrimonio culturale e paesaggistico.

4. Conclusioni

Con riguardo al procedimento di autorizzazione paesaggistica il Consiglio di Stato è intervenuto di recente con la sentenza del 29 marzo 2021 n. 2640 ribadendo i principi giurisprudenziali già consolidati. Invero,  il Consiglio di Stato ha ribadito che il parere della Soprintendenza è vincolante se interviene nei termini previsti; viceversa, tale parere cessa di essere vincolante se reso tardivamente dalla Soprintendenza e potrà essere autonomamente e motivatamente valutato dall’Amministrazione preposta al rilascio del titolo.

 

 

 

 

 


[1] Corte Cost. sentenza n. 85 del 09/05/2013 .
[2] Consiglio di Stato, parere del 13 luglio 2016 n. 1640.
[3] Consiglio di Stato, Sez. VI, sentenza del 13 maggio 2016 n. 1935.

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