Il “tentativo di convalida”: nuovo presupposto legittimante l’esercizio del potere di autotutela?

Il “tentativo di convalida”: nuovo presupposto legittimante l’esercizio del potere di autotutela?

C.G.A. Sicilia, Sez. I, Sent. 31 marzo 2021, n. 282

La sentenza del CGA Sicilia, Sez. I, 31 marzo 2021, n. 282, ha accolto l’appello proposto dal Comune di Oliveri (ME) sulla pronuncia del TAR di Catania n. 671/2017, addivenendo ad una decisione di segno contrario, che mette a rischio i procedimenti di revoca (annullamento) delle amministrazioni in assenza dell’esperimento del tentativo di convalida.

In via preliminare, sembra opportuno riassumere brevemente il fatto.

Il Comune di Oliveri, a seguito della pubblicazione, da parte dell’Assessorato all’Istruzione della Regione Sicilia, di un “Avviso pubblico per manifestazione di interesse” (D.D.G. n. 3689 del 19 agosto 2013) per la concessione agli enti locali di finanziamenti per l’esecuzione degli interventi pubblici individuati dalla delibera CIPE n.79/2012 del 5 febbraio 2014, presentava un progetto per la ristrutturazione della scuola media locale, ottenendo il relativo finanziamento richiesto.

Così, il Comune indiceva una procedura ad evidenza pubblica di affidamento dei lavori, al termine della quale risultava aggiudicataria la “Evergreen S.r.l.”, con sede legale a Messina (ME), e alla quale, successivamente, venivano consegnati parzialmente i lavori.

La suddetta procedura era stata avviata dal Sindaco nella duplice (se non triplice) veste di R.u.p. (Responsabile unico del procedimento) dell’intervento finanziato in questione, nonché di Responsabile dell’Area tecnico-manutentiva, in quanto i dipendenti che precedentemente ricoprivano tali funzioni non erano in servizio e non vi era altro personale idoneo a svolgerle.

L’Assessorato all’Istruzione della Regione Sicilia disponeva, però in prima istanza, la sospensione dell’efficacia del decreto di finanziamento (D.D.S. n. 10479 del 24 dicembre 2015), con il quale era stata impegnata, in modo definitivo, la somma destinata al Comune, in quanto ravvisava potenziali vizi di legittimità degli atti adottati. Richiedendo parere all’Ufficio Legislativo e Legale della Regione Siciliana il quale si esprimeva a favore della “revoca del finanziamento”. In ragione di ciò, l’Assessorato comunicava l’avvio del procedimento di revoca del citato decreto, con il quale assegnava al R.u.p. 30 giorni per produrre eventuali osservazioni, e, dopo reciproche interlocuzioni e scambi di note, revocava il finanziamento.

Il Comune di Oliveri, allora, proponeva il ricorso al TAR di Catania, chiedendo l’annullamento del provvedimento di revoca e degli atti connessi, e in ragione del rigetto del ricorso, successivamente presentava appello dinnanzi al CGA.

Infatti, il TAR di Catania aveva respinto i motivi di gravame proposti dal ricorrente, ritenendo che, da un lato, il provvedimento di revoca fosse stato tempestivo, in quanto era stato preceduto da un provvedimento di sospensione e, dall’altro, il presupposto per l’attivazione della procedura d’urgenza – che giustificava l’erogazione del finanziamento – fosse assente, rendendo, così, inammissibile il cumulo delle funzioni di R.u.p. e di Responsabile dell’area tecnica in capo al Sindaco.

Il CGA, invece, demolendo la decisione del Giudice di primo grado, ha ritenuto fondati i suddetti motivi di gravame, affermando che oltre alla mancata pronunzia sul punto da parte del TAR l’Amministrazione interessata, per procedere alla sospensione e poi alla eventuale revoca del finanziamento effettuati, avrebbe dovuto notificare una “diffida ad adempiere”, così come espressamente previsto dall’art. 16 dell’Avviso (“Avviso pubblico di manifestazione di interesse”), nonché esperire un “tentativo di convalida” del provvedimento di concessione del finanziamento di cui all’art. 21-nonies, co. 2, l. 241/1990.

Inoltre, il CGA ha ritenuto sussistente, nel caso di specie, il requisito dell’estrema urgenza, tale da rendere ammissibile una deroga al divieto di cumulo delle funzioni di R.u.p. e di Responsabile di funzioni tecnico-amministrative contemplato nella disciplina sulle procedure ad evidenza pubblica.

Tra i principi di diritto enunciati dal CGA, si vuole sottolineare, in questa sede, per la sua peculiarità, quello espresso in merito all’applicabilità, al caso di specie, nonostante la qualificazione -impropria- di “revoca” adottata dall’Avviso e dall’Amministrazione procedente, della disciplina dell’annullamento d’ufficio di cui all’art. 21-nonies, l. 241/1990. Infatti, secondo il Giudice di secondo grado, l’atto di ritiro impugnato costituisce un vero e proprio atto di annullamento, emanato all’esito di un sub-procedimento incidentale di controllo, volto alla rimozione di un atto illegittimo.

In collegamento a tale disciplina, risulta essere, a sua volta, applicabile l’istituto della convalida ex art. 21-nonies, co. 2, l. 241/1990, secondo cui, nel caso di annullamento d’ufficio di un qualsiasi provvedimento, si debba far “salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”. Sono due, dunque, le condizioni in presenza delle quali è ammissibile la convalida del provvedimento annullabile: la sussistenza di ragioni di tutela dell’interesse pubblico e l’esistenza di un termine ragionevole entro il quale effettuare la convalida, che, nel caso di specie, potevano essere ravvisate. Nel corso dell’iter argomentativo, il CGA sostiene che la norma suddetta, nonostante si tratti di una norma “programmatica”, volta ad introdurre “un criterio metodologico di condotta”, assuma carattere precettivo, divenendo cogente, laddove si legga, data la comune “ratio sanante”, in combinato disposto con il citato art. 16 dell’Avviso.

Occorre precisare, infatti, che, secondo giurisprudenza e dottrina maggioritarie, la convalida è un atto di autotutela con esito conservativo: si tratta, infatti, di un provvedimento di secondo grado, nuovo e autonomo, con cui la PA sempre che non abbia già consumato il proprio potere nel momento di emanazione dell’atto, in quanto, ad esempio, organo di controllo, o ne sia stata privata per ius superveniens – riconosce che un vizio inficia un proprio precedente provvedimento, altrimenti annullabile, e lo rimuove con efficacia ex tunc.

Così, il CGA deduce “agevolmente”, dal suddetto combinato disposto di norme, che “prima di pervenire all’atto di ritiro del provvedimento che aveva disposto il finanziamento, l’Amministrazione avrebbe dovuto quantomeno tentare, almeno con uno dei due mezzi offerti dal sistema (“diffida ad adempiere” o “tentativo di convalida”), se non con entrambi, di sanarne i vizi” senza in alcun modo considerare l’accortezza con la quale l’Amministrazione regionale ha proceduto: sospensione e termini per osservazioni; richiesta di parere; avvio del procedimento e termini per osservazioni; conclusione del procedimento; senza che il Comune di Oliveri abbia ritenuto di provvedere mediante convalida del procedimento viziato da presunta incompetenza.

E’ evidente che, da una impostazione di tal fatta, potrebbe derivare il rischio che tutti i provvedimenti di annullamento in autotutela, in mancanza di un preventivo esperimento di un “tentativo di convalida” da parte della PA procedente, sarebbero nulli.

Ciò sarebbe in palese contrasto con la ratio sottesa al potere di riesame, che è espressione di un potere discrezionale, di ponderazione e mediazione di più interessi ed esigenze tra loro in conflitto, finalizzato alla individuazione della soluzione più opportuna e ragionevole per il caso concreto.

In questo senso, si riporta la posizione della giurisprudenza amministrativa, che subordina la legittimità della convalida alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 1444 c.c., in materia di convalida dei contratti, quali, oltre alla precisa indicazione del vizio e la motivazione circa l’interesse pubblico a convalidare, la manifesta volontà della PA di convalidare l’atto di primo grado, il cd. animus convalidandi (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 maggio 2011, n. 2863).

Ne consegue che, in assenza di tale volontà, ma in presenza di un “obbligatorio tentativo di convalida”, come prospettato dal CGA, si costringerebbe la PA interessata a conservare un atto che, invece, in presenza di un puntuale interesse pubblico, distinto e autonomo rispetto a quello che giustifica la convalescenza, essa vorrebbe demolire.

Tale conclusione, considerata la potenziale applicabilità del principio ad innumerevoli ipotesi di revoca e/o annullamento di provvedimenti di ammissione a finanziamento anche a valere su risorse comunitarie, rischia seriamente di determinare un grave stato di incertezza, anche verso i possibili controinteressati, rispetto al quale le amministrazioni dovranno valutare se adeguarsi alla pronuncia, attivando sulle revoche un sub-procedimento di convalida (le cui conclusioni potranno divenire oggetto di ulteriore motivo di impugnazione) ovvero procedere senza tale “tentativo” e rischiare di ricevere tale rilievo in sede contenziosa.


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