Iscrizione anagrafica dello straniero: è necessario il passaporto in corso di validità?

Iscrizione anagrafica dello straniero: è necessario il passaporto in corso di validità?

Come noto, l’art. 13 del D.L. 113/2018 (c.d. decreto-Salvini), convertito in L. 132/2018, ha introdotto rilevanti modifiche in materia di iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri richiedenti asilo od altre forme di protezione internazionale. La novella legislativa ha sollevato fin da subito un ampio dibattito, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, sulla legittimità del provvedimento di legge nonché sul suo coordinamento con le disposizioni dettate in materia di iscrizione anagrafica della popolazione residente. La querelle ha fornito l’occasione per esaminare approfonditamente i requisiti necessari affinché un cittadino straniero possa legittimamente richiedere di essere iscritto presso il registro della popolazione anagrafica del Comune ove ha stabilito la sua dimora e, in particolare, se risulta imprescindibile il possesso del passaporto del Paese di provenienza in corso di validità.

E’ dunque inevitabile esaminare le fonti legislative che dettano le condizioni e le formalità amministrative necessarie ai fini dell’iscrizione anagrafica degli stranieri residenti in Italia.

– Art. 6, co. 7 D.lgs. 286/1998 (T.U. immigrazione):

     “Le iscrizioni e variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani con le modalità previste dal regolamento di attuazione. In ogni caso la dimora dello straniero si considera abituale anche in caso di documentata ospitalità da più di tre mesi presso un centro di accoglienza. Dell’avvenuta iscrizione o variazione l’ufficio dà comunicazione alla questura territorialmente competente”;

– Art. 15, co.1 D.P.R. 394/1999 (reg. attuativo T.U. imm.):

          “Le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante sono effettuate nei casi e secondo i criteri previsti dalla legge 24 dicembre 1954, n. 1228, e dal regolamento anagrafico della popolazione residente, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 mangio 1989, n. 223, come modificato dal presente regolamento”;

– Art. 2, co. 1 L. 1228/1954:

           “È fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria podestà o la tutela, la iscrizione nell’anagrafe del comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell’art. 44 del Codice civile, l’obbligo di denuncia del trasferimento anche all’anagrafe del comune di precedente residenza”;

– Art. 6, co. 3 D.P.R. 223/1989 (responsabile delle dichiarazioni anagrafiche):

       “Le persone che rendono le dichiarazioni anagrafiche debbono comprovare la propria identità mediante l’esibizione di un documento di riconoscimento”.

L’interpretazione sistematica della normativa richiamata consente di affermare che l’iscrizione anagrafica non è solo un diritto del cittadino straniero, ma è anche un vero e proprio obbligo cui egli è tenuto, essendo previste, infatti, sanzioni in caso di mancata iscrizione. A ciò si aggiunga che, per quanto concerne l’iscrizione anagrafica, il legislatore ha espressamente previsto che non possono esservi discriminazioni o differenze tra cittadini italiani e stranieri, tant’è che l’Amministrazione competente non può rifiutarla una volta che abbia avuto modo di accertare l’identità dell’individuo richiedente oltre alla sua presenza abituale presso il Comune ove questi dichiara di dimorare stabilmente.

Posto quanto sopra, è importante capire cosa si intenda con documento di riconoscimento. A tal fine soccorre l’art. 1, co. 1, lett. c) del D.P.R. 445/2000 dove con documento di riconoscimento si intende “ogni documento munito di fotografia del titolare e rilasciato, su supporto cartaceo, magnetico o informatico, da una pubblica amministrazione italiana o di altri Stati, che consente l’identificazione personale del titolare”. Da tale definizione si ricava che il permesso di soggiorno vale come documento di riconoscimento, atteso che ha tutte le caratteristiche previste dalla norma da ultimo richiamata. Inoltre, l’art. 35 D.P.R. 445/2000 (“documenti di identità e di riconoscimento”) specifica quanto segue: “In tutti i casi in cui nel presente testo unico viene richiesto un documento di identità, esso può sempre essere sostituito dal documento di riconoscimento equipollente ai sensi del comma 2. Sono equipollenti alla carta di identità il passaporto, la patente di guida, la patente nautica, il libretto di pensione, il patentino di abilitazione alla conduzione di impianti termici, il porto d’armi, le tessere di riconoscimento, purché munite di fotografia e di timbro o di altra segnatura equivalente, rilasciate da un’amministrazione dello Stato. Nei documenti d’identità e di riconoscimento non è necessaria l’indicazione o l’attestazione dello stato civile, salvo specifica istanza del richiedente”.

Risulta, dunque, di estrema importanza individuare quali documenti possono essere definiti “di riconoscimento”, atteso che in molti casi gli stranieri non hanno la carta di identità od il passaporto del Paese di provenienza, oppure, pur avendoli, non sono più in corso di validità.

In tali ipotesi, è la stessa normativa a prevedere che la mancanza della carta d’identità o del passaporto non sia ostativa rispetto alla iscrizione anagrafica: se a certe condizioni vi è equipollenza tra i documenti di identità e quelli di riconoscimento (v. art. 35 D.P.R. cit.), allora sarà possibile utilizzare a tal fine un qualsiasi altro documento di riconoscimento che, come previsto dal già richiamato art. 1, co. 1, lett. c) D.P.R. cit., consente l’identificazione personale del soggetto richiedente. Ciò risulta confermato anche dallo stesso Ministero dell’Interno (“Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione”) che, con la circolare del 17 agosto 2016, ha espressamente riconosciuto: “l’iscrizione nell’anagrafe permanente che si ottiene a seguito del possesso di un valido permesso di soggiorno che, al di là della tipologia per cui viene rilasciato, si configura come documento di riconoscimento”. Da ciò si evince che lo straniero, munito di regolare permesso di soggiorno, può chiedere di essere iscritto presso il registro della popolazione anagrafica anche nel caso in cui il documento d’identità od il passaporto esteri siano stati smarriti o non siano più in corso di validità. Vero che l’Amministrazione comunale deve identificare lo straniero prima di poterlo iscrivere presso il registro della popolazione anagrafica, ma è la stessa normativa a prevedere che le iscrizioni anagrafiche possono e devono essere eseguite per mezzo di un qualsiasi documento che permetta di identificare il soggetto richiedente (v. art. 6, co. 3 D.P.R. 223/1989). Si osservi che la scadenza del passaporto non compromette ipso facto la veridicità dei dati in esso attestati; è vero invece che tale documento non sarà più valido per l’espatrio.

Come è stato brillantemente illustrato dall’Avv. Marco Paggi, “il passaporto, una volta che è stato rilasciato ad un cittadino di qualsiasi paese del mondo, dalle autorità competenti, è un documento che viene riconosciuto come valido sul piano internazionale ai fini del riconoscimento di quel soggetto come cittadino di quel determinato paese, indipendentemente dal fatto che il documento venga rinnovato. La validità del passaporto non è altro che un’autorizzazione amministrativa delle autorità competenti del paese di provenienza ad uscire dal territorio o a trattenersi all’estero, ma questo riguarda i rapporti tra il cittadino ed il paese da cui proviene”.

In realtà, il requisito della validità del passaporto non è previsto dalla legge: a tal proposito, il TAR dell’Emilia-Romagna, con la sentenza n. 2343 del 06.06.20083, ha osservato che l’art. 4 D.Lgs. 286/1998 prevede sì che lo straniero debba esibire un documento in corso di validità nel momento in cui entra nel territorio italiano e richiede il primo permesso di soggiorno, ma non si rinviene né nel testo unico richiamato né in altre disposizioni di legge che lo straniero debba curare la rinnovazione di tale documento, pena la mancata iscrizione nel registro della popolazione anagrafica.

Quanto sopra è stato recentemente confermato dal Tribunale di Roma che, con l’ordinanza del 28.05.2019 sub R.G. 21290/2019, ha condannato l’Amministrazione del Comune di Roma Capitale ad iscrivere presso i registri anagrafici un cittadino straniero che, pur risultando sprovvisto di passaporto, era tuttavia titolare di permesso di soggiorno per motivi umanitari. In particolare, la suddetta ordinanza, avendo esaminato la normativa ut supra richiamata e avendola interpretata in maniera globale e sistematica, ha stabilito che il passaporto non è un documento necessario ai fini dell’iscrizione anagrafica. Infatti, non solo tale iscrizione risulta obbligatoria per legge, ma è anche presupposto per l’esercizio di una nutrita serie di diritti, come per esempio l’accesso alla tutela sanitaria, il riconoscimento dell’assegno sociale, l’assegnazione di case popolari e così via.

In conclusione, tanto il giudice ordinario quanto quello amministrativo concordano sul fatto che in merito all’iscrizione anagrafica dello straniero non è necessaria né la presentazione del passaporto né che esso sia in corso di validità, allorché risulti possibile procedere all’identificazione del richiedente per mezzo di un altro documento di riconoscimento.

Alla luce della normativa esaminata e della giurisprudenza richiamata, in caso di passaporto smarrito o scaduto è fatto obbligo all’Amministrazione comunale di non rifiutare in alcun modo l’iscrizione anagrafica dello straniero, atteso che essa da un lato infrangerebbe la normativa interna vigente e dall’altro impedirebbe allo straniero di esercitare alcuni diritti umani fondamentali riconosciuti a tutti gli individui, indipendentemente dalla loro cittadinanza.


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Gemma Giammattei

Laureata in Giurisprudenza con lode presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Abilitata all'esercizio della professione forense dall'ottobre 2021, collabora con lo Studio Legale Giammattei.

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