Reato complesso e problematiche relative all’interpretazione estensiva dell’art 84 c.p.

Reato complesso e problematiche relative all’interpretazione estensiva dell’art 84 c.p.

Perché sia configurabile il reato complesso, secondo la lettera e lo spirito dell’art. 84 c.p., non è sufficiente che più fatti, costituenti isolatamente altrettanti reati, presentino un qualche elemento in comune ma è necessario che una norma di legge, operando una combinazione in un’unica figura criminosa, determini la convergenza di un reato nell’altro quale suo elemento costitutivo o circostanza aggravante, perdendo, dunque, la propria autonomia normativa e fondendosi, per identità dell’elemento oggettivo (costituito dalla condotta dell’agente e dal suo risultato (evento) posti in rapporto di causalità) e dell’elemento soggettivo (consistente nella volontà cosciente diretta alla realizzazione del fine perseguito) in un solo reato.

Nelle parole della legge “Le disposizioni degli articoli precedenti [relativi al concorso di reati] non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per se stessi, reato”.

Alla luce del dettato normativo di cui all’art. 84 c.p. la sistemazione categoriale sub specie di reato complesso consta di due diverse ipotesi: – reato complesso speciale o di primo tipo, dato dalla fusione di due reati, posti in posizione paritetica, dando luogo ad un terzo e differente reato (esempio il delitto di rapina (art. 628 c.p.) sarebbe il risultato della fusione del reato di furto (art. 624 c.p.) più quello della violenza (art. 610 c.p.) o della minaccia (art. 612 c.p.)): – reato complesso aggravato o circostanziato, risultante dalla previsione di un reato quale elemento circostanziale di altro reato (esempio il delitto di omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 1, n. 5 c.p., in quanto la condotta aggravante costituisce titolo di reato autonomo (art. 609 bis c.p.)).

Tali due ipotesi, entrambe, rientrano nella categoria definita del “reato complesso in senso stretto” che, come a breve ci accingeremo ad analizzare, si differenzia da altre tipologie di reato complesso dottrinariamente tratteggiate.

La seconda delle due forme di reato complesso in senso stretto sopra riportata ha recato e tutt’ora reca non poche perplessità qualora ricorrano una o più circostanze (attenuanti o aggravanti), in ordine ad un eventuale giudizio di comparazione ai sensi dell’art. 69 c.p., nonché in ordine alla imputazione soggettiva della circostanza.

Dottrina e Giurisprudenza prevalenti sembrano aderire alla possibilità di potere operare un giudizio di bilanciamento in caso di reato complesso circostanziato facendo leva sul tenore letterale dell’art. 84, comma 1, c.p., il quale, espressamente, prevede l’ipotesi del reato che assuma il ruolo di circostanza aggravante non operando in merito alcuna specificazione, facendo, così, discendere da tale tipo di ragionamento la applicabilità della disciplina che regola il ricorrere della circostanza.

Per quanto concerne poi la problematica de qua  relativa alla eventuale imputazione soggettiva della circostanza ricorrente in caso di reato complesso già circostanziato, questa sembra, alla luce della riforma del 1990 la quale richiede la necessaria esistenza dell’elemento psicologico doloso o colposo, un problema destinato a scomparire in sede di applicazione normativa tenuto a mente che normalmente le aggravanti inserite nella struttura del reato complesso sono descritte in modo tale da non potere ricorrere ove l’elemento psicologico richiesto per il corrispondente reato risulti essere carente.

Per quanto da una attenta lettura dell’art. 84 c.p. si evinca a chiari note che uniche figure di reato complesso siano quelle di reato complesso di primo tipo o reato complesso circostanziato di cui sopra, parte della dottrina si è mostrata favorevole ad una nozione più ampia di reato complesso che ne prevede due ulteriori e particolari ipotesi, la prima che origina dalla aggiunta ad un modello base di reato di ulteriori elementi i quali di per sé non costituirebbero reato (reato complesso in senso lato) e la seconda che prevede un reato quale elemento particolare di un altro, non necessario per la realizzazione della figura complessa (reato solo eventualmente complesso).

Viene addotto come esempio di reato complesso in senso lato la violenza privata e la violenza carnale, costituiti dal reato di minaccia o percosse e dal quid pluris aggiuntivo della induzione coattiva al compimento di atti sessuali di per sé irrilevanti.

Tuttavia, la dottrina prevalente nega che la tipologia di reato poc’anzi tratteggiata possa sussumersi nell’alveo del dettato normativo di cui all’art. 84 c.p. adducendo, a sostegno di tale ipotesi, che l’articolo de quo faccia riferimento esclusivo al solo reato complesso inteso quale reato composto, ovvero, reato complesso in senso stretto.

Pertanto, il rapporto intercorrente tra le fattispecie di violenza privata e di violenza carnale, quest’ultima caratterizzata dalla presenza di tutti gli elementi costitutivi della prima unitamente all’elemento specializzante della induzione al compimento di atti di natura sessuale, sarebbe già agevolmente spiegato dall’art. 15 c.p. che illumina sul rapporto di specialità tra norme.

Milita, invece, a favore della natura solo eventualmente complessa della maggior parte dei reati una interpretazione estensiva di fattispecie complesse nelle quali possano convergere sia comportamenti che già di per sé costituiscono reato sia condotte di violenza che, isolatamente considerate, risulterebbero penalmente irrilevanti con la pericolosa conseguenza di poter erroneamente considerare ipotesi di reato c.d. progressivo quale ipotesi di reato complesso.

Esemplificando, ove una fattispecie criminosa contenga in sé quale elemento costitutivo, che sia esso necessario od eventuale, un reato di minore gravità, per la realizzazione del reato più grave si passerà (necessariamente od eventualmente) attraverso il reato minore realizzando una progressione offensiva crescente al bene giuridico tutelato (esempio riduzione in schiavitù (art. 600 c.p.) preceduto dalla realizzazione del sequestro di persona (art. 605 c.p.)). Ed è esattamente in questa dinamica progressione da un minus ad un maius che troverebbe più pratica, nonché, retta applicazione l’istituto del c.d. reato progressivo andandosi a demarcare così la sua sostanziale differenza con la struttura e la ratio del reato complesso per il quale è solo sufficiente che un reato sia contenuto in un altro.

Al fine di non incorrere in erronee rappresentazioni del reale che potrebbero generare problematiche sia in campo pratico che ai fini applicativi delle singole norme si rende opportuno, alla luce anche della natura epistemologica dell’interpretazione della legge, ricavare il concetto dalla regola e non il contrario.


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Avv. Carlotta Nicotera

Carlotta Nicotera dopo aver conseguito il diploma presso il Liceo Classico “Giulio Cesare” di Roma, si laurea presso l’Università degli Studi di Roma "La Sapienza" in Giurisprudenza, con una tesi in Diritto Penale avente ad oggetto “il coefficiente di colpevolezza nella responsabilità del concorrente anomalo”. Attualmente è iscritta come Avvocato Presso l’Ordine degli Avvocati di Roma.

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