Vaccino anti-Covid 19: lo Stato è chiamato a rispondere in caso di reazioni gravi?

Vaccino anti-Covid 19: lo Stato è chiamato a rispondere in caso di reazioni gravi?

Una domanda che in molti si pongono, soprattutto i più scettici nei confronti del vaccino, è chi sia responsabile in caso di reazioni avverse al vaccino anti-Covid 19 e, in particolare se lo Stato italiano sia o meno responsabile.

Non può negarsi, infatti, anche facendo riferimento ai rapporti AIFA, che tutti i vaccini hanno reazioni avverse, nella maggior parte dei casi innocue. Diversamente, le reazioni gravi sono molto meno diffuse.

In riferimento al vaccino anti-Covid, essendo un fenomeno recente, non si è ancora formata una giurisprudenza sulla questione che, quindi risulta complesso risolvere.

A ben vedere, però, la soluzione può essere ricostruita prendendo le mosse da casi analoghi e sui quali il giudice è intervenuto.

È necessario, tuttavia, partire da un dato normativo, cioè la legge n. 210 del 1992 [1], secondo cui lo Stato è chiamato ad indennizzare chiunque si sia sottoposto alle vaccinazioni obbligatorie e, a causa di queste, abbia subito danni subito gravi danni ovvero una menomazione dell’integrità psico-fisica.

Proprio facendo riferimento a tale norma, secondo molti, per i danni da vaccino lo Stato non sarebbe chiamato a rispondere poiché tra i vaccini obbligatori non rientra quello anti-Covid 19.

Peraltro, il pensiero diffuso tra i detrattori della vaccinazione oggetto della presente disamina è che lo Stato non abbia intenzione di aprire all’obbligatorietà del vaccino per porsi al riparo da eventuali indennizzi che sarebbe chiamato ad elargire in caso di reazioni gravi.

La precedente giurisprudenza è intervenuta in materia di vaccinazione in due sentenze nello specifico: le sentenze n. 268 del 2017 [2] e n. 118 del 2020 [3], entrambe della Corte Costituzionale.

La Consulta, in queste due fattispecie, è stata chiamata a pronunciarsi in casi analoghi a quello di cui trattasi ed ha concluso riconoscendo l’indennizzo a carico dello Stato anche per i vaccini non obbligatori, ma raccomandati dallo Stato o dalle Regioni.

Questa raccomandazione da parte dello Stato lascia una libertà di scelta al singolo, ma è comunque diretta alla salvaguardia di un interesse alla salute di cui è titolare la collettività.

Del resto, la forte campagna a favore del vaccino promossa dallo Stato, ha orientato fortemente la scelta dei singoli.

In conclusione, si ritiene che lo Stato italiano sia certamente responsabile per eventuali reazioni avverse in virtù dello stretto collegamento – esistente in concreto – tra vaccinazione obbligatoria e raccomandata con riferimento al vaccino anti-Covid 19.

In virtù di quanto detto, si auspica un intervento legislativo risolutivo che prenda atto di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato.

 

 

 

 

 


[1] Articolo 1, comma 1, legge 210/1992: Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione permanente dell’integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato, alle condizioni e nei modi stabilità dalla presente legge.
[2] Sentenza n. 268/2017: La specifica posizione di tali categorie di soggetti non elide affatto il rilievo collettivo che la tutela della salute assume anche nei confronti della popolazione in generale, la vaccinazione di tutti e di ciascuno condividendo all’obiettivo della più ampia copertura, perseguito attraverso la raccomandazione. Del resto, se i vincoli di ordine finanziario possono giustificare i requisiti del novero dei soggetti cui la vaccinazione, in quanto inserito nei livelli di assistenza, sia somministrabili gratuitamente, di essi non giustificano alcun esonero dall’obbligo d’indennizzo, in presenza delle condizioni previste dalla legge.
[3] Sentenza n. 118/2020: In definitiva, la logica di un accoglimento “mirato”, oltreché contrastare con il fondamento scientifico dell’azione vaccinale (che rinviene uno strumento di protezione della salute nella più diffusa copertura immunitaria), risulterà confliggere con la logica stessa della tutela indennitaria, che ripaga a spese di “tutti” un danno subito nell’interesse di “tutti”, falsificando le stesse premesse della raccomandazione: fino a far degradare la scelta vaccinale dell’appartenente ad una categoria a rischio , o del residente in una data zona del territorio, a scelta di vaccinazione volontaria (ancorché in ipotesi indispensabile per la sua salute), priva di diretti riflessi sociali, cui non dovrebbe allora essere accordata una tutela costituzionalmente imposta, ma, al più, un discrezionale sussidio (sentenza n. 55 del 2019, n. 293 del 2011, n. 342 del 1996, n. 226 del 2000).

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Dott. Antonio D'Atteo

Laureato presso l'Università di Foggia, con tesi in Diritto Processuale Amministrativo dal titolo "Ordine di trattazione del ricorso principale e ricorso incidentale", attualmente praticante in diritto del lavoro e diritto tributario

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