Diritto spaziale: dai fratelli Wright al corpus iuris spatialis

Diritto spaziale: dai fratelli Wright al corpus iuris spatialis

Il 17 Dicembre 1903, giorno in cui il mondo assistette al primo volo a motore nella storia dell’ umanità ad opera dei fratelli Wilbur ed Orville Wright, i confini umani conquistarono una nuova dimensione e presero ad espandersi verticalmente.

Solamente sette anni dopo, nel 1910, l’avvocato belga Emile Laude, in un breve commentario scriveva circa l’onomastico del diritto spaziale:

crediamo quindi che il termine ‘diritto aereo’ verrà adottato. Ma tale termine non verrà applicato all’aria, termine con cui intendiamo il gas che respiriamo. Tutte le problematiche sollevate dalla nuova locomozione (aviazione) muoveranno da questo strato di aria. Possiamo dire di poter prevedere con certezza le soluzioni giuridiche che i nostri discendenti dovranno trovare per dare risposta alle nuove questioni dovute all’uso degli strati di aria non respirabili e gli strati eterei in cui è immerso il nostro pianeta? La questione circa la proprietà e l’uso delle onde Hertz verrà un giorno posta. Una nuova legge governerà le nuove relazioni giuridiche. Questo non sarà più diritto aereo. Cosa sarà? E’ forse rischioso da prevedere, poichè lo stesso termine ‘etereo’ cela la nostra ignoranza e non osiamo proporre il termine ‘diritto etereo’. Ma certamente è una questione di ‘diritto dello spazio’. Il termine ‘diritto dello spazio’ sarà quindi un termine generico; il diritto dello spazio sarà al diritto aereo ciò che il diritto privato è per il diritto civile ed il diritto commerciale.” [1]

Quasi un ventennio dopo le osservazioni di Emile Laude circa la questione spaziale, ad una conferenza sul diritto aereo tenutasi a Mosca nel dicembre 1926 [2], un ufficiale del ministero dell’aviazione sovietica, V. A. Zarzar, presentò un elaborato in cui, oltre ad introdurre il mondo giuridico alla possibilità del volo interplanetario, affrontò lo storico dibattito riguardo la natura e l’estensione della sovranità nazionale nel diritto aereo. Zarzar scrisse:

[…] vi è un certo grado di interesse per la così detta ‘teoria delle zone’ la quale è considerata piuttosto controversa. Questa teoria include il fatto che l’ atmosfera sia divisa in due strati concentrici, di cui il più basso soggetto al controllo nazionale, ed il secondo, che è (soggetto al diritto) internazionale, così che il volo nella zona superiore sia libero. Non cercheremo di definire l’altitudine in cui inizi la zona (soggetta al diritto) internazionale […]”.

L’ opera di Zarzar rimase confinata alla letteratura Russa fino al 1934, quando fece la sua apparizione in un giornale Francese ad opera dello studente Sovietico Yevgeniy Alexandrovich Korovin. [3]

La prima opera completa circa la questione del diritto spaziale sarà del Cecoslovacco Vladimir Mandl. [4] Avvocato, professore, pilota ed inventore di formazione tedesca, nel 1931 prende parte alla ‘società per il volo spaziale’ (Verein für Raumschiffarhrt). Pubblicata nel 1932, la sua monografia per prima teorizzò la nascita di un nuovo corpo normativo, il diritto spaziale. Nel suo manoscritto, dopo una introduzione storica e l’analisi della legislazione cecoslovacca in merito, il Professor Mandl dedicò la seconda parte del manuale alle problematiche circa i profili di responsabilità derivanti dai danni nel trasporto aereo internazionale e le assicurazioni contro i danni causati dai velivoli. I capitoli finali trattarono la questione dei combattimenti aerei.

Il diritto spaziale, nella concezione di Mandl, doveva essere intenso come una branca indipendente del diritto, basata sulle conoscenze scientifiche e sugli strumenti specifici del volo spaziale. Principi diversi da quelli su cui si basa il diritto della navigazione o aeronautica.

Nella sua monografia “Das Weltraum-Recht: Ein Problem de Raumfahrt” (The Law of Outer Space: a Problem of Space Flight), pubblicata in Germania nel 1932, Mandl affronta per analogia legis alcuni problemi esistenti nel diritto civile e penale nello scenario spaziale. La seconda parte dell’ opera, intitolata ‘Il Futuro’, torna a trattare le classiche problematiche circa l’estensione della giurisdizione nazionale, sostenendo la necessità di uno strato aereo “libero dalla giurisdizione di qualsiasi stato terrestre, coelum liberum”. [5]

L’analisi di Mandl concludeva con la previsione che l’attività umana nello spazio avrebbe portato ad un cambio sostanziale nei rapporti tra Stato e cittadini ed il superamento del concetto attuale di nazionalità, non compatibile con l’esplorazione dello spazio aperto e di altri pianeti.

Queste sono le teorie che ispireranno il pensiero di quella generazione di giuristi che vivrà il “freddo” scontro geo-politico tra Unione Sovietica e Stati Uniti d’America. L’apparizione delle nuove tecnologie belliche nello scenario del secondo conflitto mondiale spinse i giuristi dell’ epoca a riformulare la dottrina internazionalistica in una nuova prospettiva, i cui orizzonti dovevano necessariamente essere ampliati e la cui estensione applicativa doveva eguagliare i traguardi raggiunti dalle tecnologie militari.

Il lancio in orbita dello Sputnik 1 Sovietico nel 1957 segna l’ inizio della ‘corsa allo spazio’, “the space race”, come affermazione di grandezza politica e militare delle superpotenze mondiali in un clima post bellico che gli storici indicano con l’espressione ‘guerra fredda’. La risposta statunitense allo Sputnik 1 sarà, il 29 luglio 1958, l’ istituzione dell’ente nazionale per le attività spaziali ed aeronautiche (National Aeronautics and Space Administration, N.A.S.A.) che, nel 1959, affida la missione di rivendicare il primato culturale, oltre che tecnologico e militare, al Progetto Mercury.

Nell’Aprile del 1961 il Sovietico Yuri Gagarin diventa il primo uomo ad orbitare nella bassa orbita terrestre (Low Earth Orbit, L.E.O.), compresa tra i 160 ed i 2000 kilometri di altezza, cui seguirà il volo parabolico degli statunitensi Alan Shepard e, nel febbraio del 1962, John Glenn del Progetto Mercury.

Il Presidente Americano J. F. Kennedy, con il celebre discorso “We choose to go to the Moon” annuncia la nascita del Progetto ‘Apollo’, (destinatario di un fondo di venti miliardi di dollari corrispondenti a duecentocinque miliardi di dollari in valore attuale e il 4% del budget nazionale annuale) la cui missione sarà quella di portare il primo uomo sulla Luna.

La risposta Sovietica al Progetto Apollo sarà il Progetto ‘Soyuz’ e l’istituzione di un nuovo programma lunare. Nei sette anni successivi gli statunitensi e i sovietici porteranno altri ventisette astronauti nella bassa orbita terrestre, fino al dicembre 1968 quando l’equipaggio della missione Apollo 8 orbitò dieci volte intorno la luna prima di rientrare nell’ orbita terrestre. Tre missioni Apollo dopo, il 20 Luglio del 1969, gli statunitensi Neil Armstrong e Buzz Aldrin, equipaggio della missione Apollo 11, diventarono i primi uomini a toccare il suolo lunare. Seguiranno con successo sei missioni lunari Apollo (tra cui l’affascinante fallimento dell’Apollo 13 che ispirò Lost Moon di Jim Lovell e Jeffrey Kluger) mentre i sovietici decideranno di non finanziare ulteriormente il programma Soyuz.

Fu proprio la necessità di regolamentare la corsa allo spazio che servì da propulsore per la teorizzazione di un corpo di norme giuridiche, la cui eleborazione verrà guidata da nuove convenzioni scientifiche. Tra tutte, l’adozione nel mondo scientifico della “Linea di Kàrmàn” (Kàrmàn Line, dal nome dello scienziato ungherese Theodore von Kàrmàn) che, convenzionalmente posta a 100 kilometri dal livello del mare, segna la demarcazione tra il volo aeronautico ed astronautico, donando a Zarzar, ed al mondo giuridico, la nozione di ‘outer space‘.

Tale necessità di cooperazione scientifica e giuridica viene consacrata nel 1959 con l’istituzione del Committee on the Peaceful Uses of Outer Space (COPUOS), come organo permanente delle Nazioni Unite con funzione di propulsione legislativa in materia di attività spaziale. Organo articolato in due sub-committee: uno di composizione scientifica ed uno giuridica. Agli albori del 1963, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite promosse il primo trattato (inizialmente concepito come accordo bilaterale tra Stati Uniti ed Unione Sovietica) riguardante le attività spaziali ed il divieto di utilizzazione di tecnologie belliche nucleari ed altri ordigni di distruzione di massa nell’ attività di esplorazione spaziale, il Treaty on Banning Nuclear Weapon Tests in the Atmosphere, in Outer Space and Under Water, o Partial Test Ban Treaty.

Era ormai palese la necessità di regolamentare le attività di ricerca (per lo più militare) degli Stati differenziandola dalle necessità di esplorazione ed uso pacifico dello spazio aperto. Era necessario prevenire che la ‘corsa allo spazio’ diventasse una corsa agli armamenti nello spazio. Con la risoluzione del 13 dicembre 1963, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite apre le trattative tra gli Stati che porteranno all’adozione nel 1967 dello storico trattato sull’ utilizzo dello spazio aperto, il Treaty on Principles Governing the Activities of States in the Exploration and Use of Outer Space, Including the Moon and Other Celestial Bodies, o più brevemente the Outer Space Treaty.

Tale trattato, in particolare all’articolo 6 riguardante la responsabilità degli Stati derivante da operazioni nello spazio, sia se condotte tramite agenzie spaziali governative che altre enti non statali, rappresenta un esemplare compromesso giuridico tra due diverse e contrapposte scuole dottrinali: quella sovietica che auspicava al monopolio di tali attività da parte dello Stato e quella statunitense che desiderava lasciare aperta la possibilità ad enti non statali di operare in ambito astronautico.

Tale fermezza nell’affermare la responsabilità degli Stati per le operazioni di lancio di oggetti spaziali sarà poi riaffermata dalle Nazioni Unite nella Liability Convention del 1972 in cui viene sancito l’obbligo per gli Stati di risarcire eventuali danni cagionati dai propri oggetti spaziali sia sul suolo terrestre che agli oggetti spaziali altrui in volo od in orbita, contentuto poi ampliato nel 1975 dalla Convention on Registration of Objects Launched into Outer Space, o Registration Convention.

Il drammatico epilogo della missione Apollo 1 nel gennaio del 1967 accelerò il processo di formulazione di nuovo accordo internazionale circa il recupero ed il ritorno di astronauti ed oggetti lanciati nello spazio, che terminò nella redazione del Agreement on the Rescue of Astronauts, the Return of Astronauts and Return of Objects Launched into Outer Space, spesso abbreviato Rescue Agreement.

Lo spirito pacifico del Outer Space Treaty e la volontà internazionale di creare un regime giuridico che protegesse l’utilizzo scientifico dello spazio, un “nuclear-free sanctuary”, [6] viene confermato nel dicembre del 1979 dal controverso Moon Agreement di New York, ultimo atto di un corpo normativo definito dalla dottrina come un vero e proprio Corpus Iuris Spatialis. Vale la pena notare che il Moon Agreement è stato ratificato ad oggi da soli 17 Stati contro i 128 Stati firmatari dell’Outer Space Treaty, 116 del Rescue Agreement, 89 della Liability Convention e 60 della Registration Convention.

Dalla fine del programma Apollo nel 1972 e con la progressiva distensione del conflitto sovietico-statunitense, la funzione di esplorazione spaziale è stata gradualmente retrocessa a funzione di supporto strumentale alle attività industriali terrestri, nella forma dei satelliti, il cui mercato attuale, principalmente nel settore delle comunicazioni, conta investimenti di oltre duecento miliardi di dollari americani.

Oggi, oltre 1.300 satelliti attivi orbitano il pianeta Terra, il 40% di essi di proprietà statunitense, ed oltre cinquanta nazioni posseggono almeno un satellite. Un terzo dei satelliti attivi è situato nell’orbita geostazionaria (geostationary earth orbit, GEO), esterna alla bassa orbita terrestre e collocata a 35.786 kilometri di altezza e che si rivela essere, per sua natura, particolarmente adatta all’orbita geosincrona dei satelliti utilizzati per le telecomunicazioni.


  1. Laude, Droit de l’espace in Revue Juridique Internationale de Locomotion Arienne, 1910. pp. 16-18

  2. Zarzar, International Air Law in Problems of Air Law, a Symposium of Works by the Air Chemical Defense Indistry. 1927, vol.1, pp. 90-103

  3. Doyle, The Origins of Space Law And The International Institute Of Space Law of the International Astronautical Federation. San Diego, CA. 2002. pp. 14

  4. Mandl, Letecké Pravo, Pilsen, 1928

  5. Mandl, Das Weltraum-Recht: Ein Problem de Raumfahrt, Mannheim, Berlin, Leipzig. 1932. p. 33

  6. F. von der Dunk, Handbook of Space Law. Edward Elgar Publishing. 2015. pp. 15


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