Intelligenza artificiale e decisione robotica nel processo

Intelligenza artificiale e decisione robotica nel processo

L’Intelligenza Artificiale (AI), ogni giorno, continua e continuerà a influenzare le vite di ognuno di noi. Essa, in particolare, influenza il modo in cui lavoriamo, ci interfacciamo con le altre persone e prendiamo decisioni.

L’avvento dell’Intelligenza Artificiale, inoltre, sta modificando la professione forense. In particolare, l’utilizzo – sempre maggiore – di programmi informatici ha permesso di velocizzare alcuni dei compiti più ripetitivi.

Si pensi, con particolare riguardo al processo civile ad esempio, alle banche dati per la ricerca giurisprudenziale, ai programmi di gestione dell’udienza, ai sistemi esperti in tema di ammissione e valutazione della prova o di esperimento dell’esecuzione forzata, e molto altro ancora.

Negli ultimi anni, addirittura, molti auspicano e, anzi, predicano il ricorso alla c.d. decisione robotica che affidi l’esito del giudizio a una macchina intelligente.

A tal proposito, la stessa Intelligenza Artificiale (AI) può essere definita come “la volontà di creare una macchina capace di svolgere azioni per le quali generalmente si richiede l’intelligenza dell’uomo” (Kurzwell, 1990. Russell, Norving, 2016).

Ciò sarebbe possibile attraverso l’incameramento dei dati, l’elaborazione e la memorizzazione degli stessi e l’autonoma capacità di apprendimento. Vi è chi sostiene che la prevedibilità del comportamento umano e la combinazione algoritmica di precedenti possano indurre, con successo, l’intelligenza digitale a emettere giudizi assolutamente imparziali.

Appare opportuno, tuttavia, domandarsi se una macchina sia davvero in grado di decidere in maniera oggettiva, trasparente, conoscibile e non discriminatoria. Discriminazioni, ad esempio, possono verificarsi quando il sistema di AI elabora, nel corso del suo funzionamento, correlazioni distorsive all’interno di un ampio set di dati immagazzinati.

Da un punto di vista giuridico, quindi, è necessario intervenire con una regolamentazione precisa che stabilisca regole possibilmente vincolanti da poter guidare il funzionamento di tali macchine.

In questo senso ci si è mossi, in particolare, a livello europeo, per regolare il rapporto fra AI e diritto. La stessa Commissione Europea ha, infatti, avviato un “Progetto di orientamenti etici per un’AI affidabile”, volto all’adozione di una Carta UE in tema di intelligenza artificiale. Da anni, la Commissione europea precisa la necessità di un utilizzo antropocentrico dell’intelligenza artificiale che valorizzi, quindi, la diversità, la non discriminazione e l’equità: i dati non possono essere utilizzati a fini discriminatori o in modo tale da arrecare danno.

D’altro canto, occorre, sempre, tenere in considerazione che la macchina è in grado di effettuare una scelta solo sulla base dell’input umano. Chi progetta l’algoritmo (poi eseguito dal computer) compie delle scelte, volontariamente o involontariamente.

Conclusivamente, sì alla tecnologia come fattore di cambiamento e miglioramento, ma muovendosi sempre nel rispetto dei diritti dell’uomo e della non discriminazione, attesa l’importanza dei principi di trasparenza dei metodi e delle tecniche decisorie, dell’accessibilità e della necessità di comprensione delle tecniche di trattamento dei dati. Si auspica, a tal proposito, la formazione di una autorità trasparente, democratica ed accessibile in grado di regolare gli algoritmi e, quindi, la macchina nella decisione robotica.


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Marwa Baktash

Laureata cum laude in Giurisprudenza presso l'Università Milano - Bicocca.Abilitata all'esercizio della professione forense presso la Corte d'Appello di Milano.Avvocato presso lo Studio Legale Delfino e Associati Willkie Farr & Gallagher ove mi occupo di diritto civile, commerciale, societario e fallimentare.

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