La caparra confirmatoria

La caparra confirmatoria

La caparra confirmatoria, ai sensi dell’art. 1385 del codice civile, è la somma di denaro (o la quantità di cose fungibili) che una parte consegna all’altra, contestualmente alla stipula di un contratto, per garantire l’esecuzione delle obbligazioni assunte con quest’ultimo (ad es.: l’acquisto di un immobile).

In caso di corretto adempimento delle obbligazioni previste nel contratto, infatti, la caparra deve essere restituita alla parte che l’ha versata o “imputata alla prestazione dovuta” (ad es: viene detratta dall’importo finale dovuto), come prevede il 1° comma dell’art. 1385 c.c.

Al contrario, in caso d’inadempimento dell’obbligazione ad opera di una delle parti, l’altra parte ha la facoltà di recedere dal contratto e trattenere la somma ricevuta a titolo di caparra o, se la parte inadempiente è quella che l’ha ricevuta, esigere da quest’ultima il doppio dell’importo versato (art. 1385, 2° comma, c.c.).

Forma e natura giuridica

Secondo la giurisprudenza e la dottrina maggioritaria, la caparra confirmatoria ha natura reale, poiché presuppone, per la sua efficacia, che l’importo pattuito (o la quantità di cose fungibili) venga effettivamente consegnato all’altra parte, contestualmente alla conclusione del contratto.

La dottrina minoritaria, invece, ritiene che essa abbia natura consensuale, cioè che sia sufficiente il semplice accordo per configurare il negozio giuridico, senza che sia necessaria la consegna del denaro o di altre cose fungibili.

A prescindere dall’orientamento al quale si voglia aderire, affinché tale accordo possa essere qualificato come caparra confirmatoria (e non come mero acconto sulla prestazione da eseguire), è necessario che le parti lo menzionino formalmente nel contratto principale, inserendo all’interno del medesimo una clausola specifica.

L’inadempimento

Come è stato accennato all’inizio, se una parte non adempie la propria obbligazione prevista nel contratto principale, l’altra parte (purché non sia anch’essa inadempiente) ha la facoltà di recedere da quest’ultimo e trattenere la caparra o – se inadempiente è la parte che l’ha ricevuta – esigerne il doppio.

L’art. 1385 c.c., prevedendo al 3° comma la possibilità, per la parte non inadempiente, di richiedere all’altra l’esecuzione del contratto o la risoluzione del medesimo, permette alla prima di intraprendere l’iter stra-giudiziale o quello giudiziale.

Nel primo caso, la caparra avrebbe la duplice funzione (oltre a quella di garantire il futuro adempimento delle obbligazioni del contratto principale):

  • di permettere alla parte non inadempiente di recedere dal contratto senza la necessità di rivolgersi al giudice;

  • di “preventiva e forfettaria liquidazione del danno“, derivante dal recesso cui la parte è stata costretta per via dell’inadempimento dell’altro contraente (Cass. n. 6463/2008; Cass. n. 11356/2006; n. 4411/2004).

Nel secondo caso, invece, la parte non inadempiente rinuncerebbe alla caparra confirmatoria per due ragioni principali:

  • l’interesse all’esecuzione del contratto principale;

  • il diritto ad un risarcimento del danno di valore superiore all’importo della caparra ricevuta (o al doppio di quella versata).

In quest’ultimo caso la parte non inadempiente non potrà incamerare la caparra, bensì trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria, ovvero a titolo di acconto su quanto a lei spettante quale risarcimento integrale dei danni accertati all’esito del giudizio.

La differenza con la caparra penitenziale e la clausola penale

La caparra confirmatoria va distinta, dal punto di vista sostanziale, da due negozi giuridici simili: la caparra penitenziale e la clausola penale.

La caparra penitenziale (prevista dall’art. 1386 c.c.) è una somma di denaro che una parte versa all’altra come corrispettivo del diritto di recesso dal contratto principale (a prescindere dall’eventuale inadempimento di una delle parti).

Nella caparra penitenziale, dunque, colui che esercita il diritto di recesso dal contratto principale perde la caparra versata o ha l’obbligo di restituire il doppio di quella ricevuta.

La clausola penale (prevista dall’art. 1382 c.c.), invece, consiste nell’accordo con cui le parti stabiliscono che chi non adempia la propria obbligazione (o la adempia in ritardo) sia obbligato ad eseguire una determinata prestazione (ad es.: il versamento di una somma di denaro già stabilita) nei confronti dell’altra parte.

La funzione della clausola penale, quindi, è duplice:

  • predeterminare e limitare il risarcimento ad una determinata prestazione, salvo che sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore;

  • dispensare la parte non inadempiente dall’onere di provare il danno, essendo la penale dovuta per il fatto stesso dell’inadempimento o del ritardo.


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Laureatosi in Scienze Giuridiche nel 2010 e in Giurisprudenza nel 2012 presso l'Università degli Studi di Roma Tre, ha maturato una significativa esperienza nel contenzioso civile stragiudiziale e giudiziale, fino al conseguimento del titolo di Avvocato nel 2016. Successivamente, ha orientato l'attività professionale nelle materie di Diritto dei consumatori, Diritto dei trasporti e del Turismo e Diritto Sportivo, nelle quali si sta specializzando.

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