La revocazione nel processo amministrativo

La revocazione nel processo amministrativo

Decreto legislativo del 02/07/2010 – N. 104

Art. 106 – Casi di revocazione
1. Salvo quanto previsto dal comma 3, le sentenze dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sono impugnabili per revocazione, nei casi e nei modi previsti dagli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile.
2. La revocazione e’ proponibile con ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata.
3. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione e’ ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello.
Art. 107 – Impugnazione della sentenza emessa nel giudizio di revocazione
1. Contro la sentenza emessa nel giudizio di revocazione sono ammessi i mezzi di impugnazione ai quali era originariamente soggetta la sentenza impugnata per revocazione.
2. La sentenza emessa nel giudizio di revocazione non puo’ essere impugnata per revocazione.

Sommario: 1. Premessa – 2. La revocazione nel processo amministrativo

 

 

1. Premessa

L’art. 106 c.p.a. stabilisce che il ricorso per revocazione è ammesso nel processo amministrativo nei casi di cui agli artt. 395 e 396 c.p.c. ed è una forma di impugnazione prevista per motivi specifici, per cui ogni censura non compresa nella tassativa elencazione comporta l’inammissibilità dell’azione proposta.

Esistono due forme di revocazione: 1) ordinaria; 2) straordinaria.

E’ qualificabile come ordinaria quando concerne una sentenza non ancora passata in giudicato; mentre è straordinaria quando inerisce ad una sentenza passata in giudicato.

La revocazione ordinaria è ammessa in tutti i casi previsti dall’art. 395, n.ri 4 e 5, c.p.c.; quella straordinaria è invece ammessa nelle ipotesi previste dall’art. 395, n.ri 1, 2, 3 e 6, c.p.c..

I casi di revocazione previsti dall’art. 395 c.p.c. riguardano: 1. la sentenza che sia effetto del dolo di una parte in danno ad un’altra; 2. la sentenza pronunciata in base a prove riconosciute o dichiarate false dopo la sentenza o che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate false prima della sentenza; 3. in caso di ritrovamento, dopo la sentenza, di uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario (la revocazione presuppone in questo caso che il ritardo nella scoperta del documento non sia imputabile alla colpa della parte e che il documento non fosse disponibile neppure nel giudizio d’appello); 4. la sentenza che sia affetta da errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa (si tratta dell’ipotesi di revocazione più importante e discussa: l’errore di fatto che consente la revocazione deve essere stato, ovviamente, determinante per la sentenza, e non deve concernere le valutazioni dei fatti compiute dal giudice, ma deve consistere in una errata od omessa percezione del contenuto materiale degli atti o dei documenti prodotti nel giudizio); 5. la sentenza contraddittoria con altra passata in giudicato, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione (questa ipotesi di revocazione presuppone l’identità degli elementi di identificazione dell’azione nei sue diversi giudizi); 6. la sentenza affetta dal dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.

Esaminiamo brevemente gli elementi caratterizzanti i singoli casi.

Il dolo processuale che può essere oggetto di revocazione è solo quello unilaterale, cioè quello di una parte in danno dell’altra, e non anche il dolo processuale bilaterale[1].

Costituisce motivo di revocazione quando si manifesta in un’attività intenzionalmente fraudolenta, che si realizza in artifici e raggiri che paralizzano o sviano la difesa avversaria ed impediscono al giudice la conoscenza della verità, facendo apparire una situazione diversa da quella reale.

Non è tuttavia idonea a realizzare la fattispecie di cui all’art. 395, n. 1, c.p.c. la semplice allegazione di fatti non veritieri favorevoli alla propria tesi, il silenzio o la mancata produzione di documentazione[2].

Per configurarsi il dolo processuale la fattispecie deve quindi concretizzarsi in artifici e raggiri fraudolentemente diretti a paralizzare la difesa avversaria e ad impedire al giudice l’accertamento della verità, pregiudicando l’esito del procedimento[3].

La seconda ipotesi di revocazione si ha quando il giudice ha basato il suo giudizio su prove false.

La prova falsa, che, ai sensi dell’art. 395, n. 2, c.p.c., consente il ricorso alla revocazione, è quella che sia stata dichiarata con sentenza passata in giudicato o la cui falsità sia stata riconosciuta dalla parte che ne ha tratto vantaggio.

La dichiarazione di falsità della prova deve essere anteriore alla proposizione del ricorso per revocazione, che è però inammissibile se basato sulla falsità di un documento da accertare nello stesso giudizio[4].

La falsità deve essere stata accertata con una sentenza penale o civile oppure deve risultare indirettamente da una sentenza civile. E’ da escludere il ricorso alla revocazione quando la dichiarazione di falsità sia contenuta in una sentenza non idonea ad acquisire valore di giudicato nei confronti delle parti del giudizio.

Il riconoscimento della falsità è invece quello che proviene dalla stessa parte che l’ha utilizzata.

La falsità, intesa come contrasto con la verità, deve, sia nelle forme del falso materiale, sia in quelle del falso ideologico, inerire alla prova intesa latamente come qualsiasi mezzo o strumento predisposto dalla legge affinché il giudice possa, attraverso un’attività percettiva o induttiva, formarsi un convincimento circa l’esistenza o l’inesistenza dei fatti rilevanti per la decisione della causa[5].

L’art. 395, n. 3, c.p.c. stabilisce che il ricorso per revocazione è ammissibile qualora dopo la sentenza siano stati trovati uno o più documenti decisivi, che la parte non aveva potuto esibire in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario e comunque non per sua colpa o negligenza. Per prova documentale si intende una scrittura rappresentativa, formatasi in presenza di un fatto, e destinata a provare la percezione di esso, al fine di rappresentarlo in avvenire[6].

Si ritiene decisivo il documento che, se acquisito, sarebbe stato idoneo a formare un diverso convincimento del magistrato e che, conseguentemente, avrebbe concorso al pronunciamento di una diversa decisione[7].

E’ inammissibile il ricorso per revocazione proposto a seguito del ritrovamento di nuovi documenti o della scoperta della falsità di quelli già posseduti se non è indicato il giorno della scoperta, decorrendo da questo il termine per l’impugnazione[8]

E’ onere del ricorrente provare la circostanza dell’impossibilità di produrre in giudizio tale prova per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, nonché di provare la data del ritrovamento del documento stesso, non essendo sufficiente un generico accenno al rinvenimento dei documenti dopo la sentenza[9].

La prova documentale deve essere decisiva[10] ed il documento trovato deve essere antecedente alla sentenza impugnata e che lo stesso non è stato prodotto nel corso del giudizio soltanto per le suddette cause eccezionali. Non è pertanto possibile ricorrere alla revocazione con riguardo ad un documento che, seppure ritrovato successivamente alla decisione, risulti essere stato formato dopo la data di delibazione e di pubblicazione della decisione stessa.

L’errore di fatto, che origina il ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., consiste invece in una falsa percezione di ciò che emergeva dagli atti del giudizio e non in un inesatto apprezzamento o valutazione delle prove, rappresentando una mera svista di carattere materiale, oggettivamente e immediatamente rilevabile.

L’errore di fatto rilevante presuppone il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali[11].

La pronuncia del giudice può ritenersi affetta da un errore di fatto solo quando tra l’erronea percezione della realtà e la sentenza esista un rapporto di causalità necessaria, tale che, una volta eliminato l’errore, decade il presupposto o uno dei presupposti necessari sui quali si è fondato il convincimento del giudice[12].

Non sussiste l’errore di fatto nell’ipotesi in cui esso sia relativo a norme giuridiche, in considerazione che la falsa percezione di norme integra gli estremi dell’error juris.

E’ inammissibile il ricorso per revocazione in relazione ad errori non rilevabili con assoluta immediatezza, ma che richiedano, per essere apprezzati, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche[13]. L’errore revocatorio è deducibile solo se il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza impugnata per revocazione abbia pronunciato e presupponga il contrasto tra due diverse rappresentazioni dello stesso oggetto, emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti processuali, purché, da un lato, la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione, non di valutazione o di giudizio, e, dall’altro, quella risultante dagli atti e documenti non sia stata contestata dalle parti[14].

L’errore di fatto previsto dall’art. 395, n. 4, c.p.c. può anche riguardare incidenti processuali che abbiano avuto l’effetto di compromettere il diritto di difesa e l’integrità del contraddittorio.

Sussiste l’errore di fatto previsto quale requisito-presupposto dell’eccezionale rimedio revocatorio quando si verificano gravi carenze procedimentali-processuali che abbiano determinato l’effetto di compromettere l’esercizio compiuto del diritto di difesa.

Il Consiglio di Stato ha già avuto modo di affermare che costituisce motivo di revocazione la mancata comunicazione al difensore della data dell’udienza per la trattazione dell’appello[15].

E’ altresì possibile proporre il ricorso per revocazione, ai sensi dell’art. 395, n. 5, c.p.c., contro una sentenza contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione. Il contrasto si configura qualora le due decisioni siano di merito ed idonee ad acquisire efficacia di giudicato sostanziale, nonché qualora esista identità di soggetti e di oggetto.

L’altra condizione che concorre ad integrare tale motivo di revocazione è costituita dalla mancata pronuncia, nella seconda sentenza, in ordine all’eccezione di cosa giudicata[16].

Non è possibile presentare l’istanza di revocazione nel caso in cui il giudicato contrastante non preesista alla pubblicazione della sentenza impugnata.

Ai fini dell’applicazione dell’art. 395, n. 5, c.p.c., affinché una sentenza possa considerarsi contraria ad un precedente giudicato, occorre che tra i due giudizi esista identità di soggetti ed oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli elementi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima; pertanto, si ha contrasto di giudicati solo quando la precedente sentenza ha ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad esso antitetico e non anche quando riguarda un fatto costituente un suo possibile antecedente logico[17].

L’art. 395, n. 5, c.p.c. regola il solo fenomeno del contrasto con un giudicato esterno, con riferimento a fattispecie nella quale la prima sentenza sia stata pronunciata in separato giudizio[18], senza invece considerare l’ipotesi del preteso contrasto con un giudicato interno formatosi nell’ambito dello stesso giudizio in cui è intervenuta successivamente la sentenza interessata dal ricorso per revocazione[19]. Un sopravvenuto diverso orientamento giurisprudenziale non può comunque determinare un conflitto di giudicati che possa dar luogo alla revocazione, che si verifica solo in presenza di contrastanti pronunce in ordine a controversie proposte dalle stesse parti e aventi identico oggetto[20].

Il motivo di revocazione previsto dall’art. 395, n. 5, c.p.c. si configura, pertanto, quando vi sia un contrasto tra la decisione contro la quale si agisce ed una precedente decisione pronunciata in un processo diverso[21], ormai passata in giudicato, intervenuta tra le stesse parti ed avente lo stesso oggetto, cioè per consentire ad una parte, già risultata vincitrice in una lite, di proporre una exceptio rei iudicatae tardiva[22]. Si riferisce esclusivamente ad una sentenza antecedente a quella revocanda, di cui il giudice non ebbe la possibilità di avere conoscenza[23].

Non rientra tra le ipotesi di revocazione previste dall’art. 395, n. 5, c.p.c. la richiesta di riesame di una tesi di diritto o di un punto controverso su cui la sentenza di cui si chiede la revocazione si è espressamente pronunciata.

L’ultima ipotesi di revocazione si ha quando la sentenza è l’effetto del dolo del giudice accertato con sentenza passata in giudicato.

2. La revocazione nel processo amministrativo

Il giudizio di revocazione è disciplinato dagli artt. 106 e 107 c.p.a. e si instaura con la presentazione di un ricorso dinanzi allo stesso giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata[24].

Il ricorso deve contenere in modo rigoroso i motivi di impugnazione e non deve limitarsi alla richiesta rescindente.

Bisogna formulare specifiche richieste in ordine alla decisione di merito della sentenza (giudizio rescissorio) e nel giudizio per revocazione non sono ammesse nuove prove o nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio, in conformità a quanto previsto dall’art. 345, 2° comma, c.p.c.[25]. E’ onere del ricorrente fornire la prova dei motivi di revocazione, il quale non può chiedere al giudice di svolgere attività istruttoria per sostenere le proprie richieste[26].

Ai sensi dell’art. 92 c.p.a. il ricorso per revocazione deve essere notificato entro il termine perentorio di sessanta giorni, che decorrono dalla notifica della sentenza.

Nel caso di revocazione straordinaria il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza.

In caso di mancata notifica della sentenza il ricorso per revocazione ordinaria deve essere notificato entro sei mesi dalla pubblicazione della sentenza.

La notifica deve essere notificata nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dalla parte nell’atto di notificazione della sentenza oppure presso il difensore o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio e risultante dalla sentenza.

Nel caso in cui la notificazione abbia esito negativo, il ricorrente potrà presentare un’istanza al Presidente del Tar o al Presidente del Consiglio di Stato, unitamente alla relata di notifica in cui è stata attestata l’omessa notifica, per la fissazione di un termine perentorio per il completamento della notifica o per la rinnovazione dell’impugnazione.

La cognizione della controversia potrà avvenire soltanto dopo il riscontro della fondatezza dei motivi dedotti, che sono ammissibili se non possono essere più proposti in appello, in virtù del principio della prevalenza dell’appello.

Sono legittimati a partecipare al giudizio di revocazione soltanto le parti formali del processo da cui è scaturita la sentenza da revocare, purché soccombenti, con esclusione dei terzi processuali[27].

Il ricorso per revocazione, dopo la notifica, deve essere depositato insieme alla copia della sentenza impugnata, a pena di improcedibilità, entro trenta giorni dall’ultima notifica, ai sensi dell’art. 94 c.p.a..

Anche al giudizio per revocazione è applicabile la riduzione dei termini processuali e le norme acceleratorie in materia di appalti[28]

La sentenza emessa nel giudizio per revocazione non può essere impugnata nuovamente con tale mezzo di impugnazione, ad eccezione del caso in cui la sentenza di revocazione contenga un errore di fatto che abbia impedito l’esame del ricorso[29].

La sentenza che definisce il giudizio per revocazione è impugnabile con i normali mezzi di impugnazione proponibili avverso la sentenza gravata con il ricorso per revocazione, ovvero l’appello o il ricorso per Cassazione a seconda che si sia trattato di sentenza di primo o di secondo grado.

 

 


FORMULARIO
RICORSO PER REVOCAZIONE EX ART. 106 C.P.A.
TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE (…)
Sez. (…)
PER: Il/La Sig./Sig.ra (…), nato/a a (…) il (…), C.F. (…), residente in (…) alla Via/Piazza (…) n. (…), rappresentato/a e difeso/a dall’Avv. (…) del Foro di (…) C.F. (…) ed elettivamente domicilio presso il suo studio sito in (…) alla Via/Piazza (…) n. (…), giusta procura alle liti posta in calce al presente atto.
ricorrente –
CONTRO: (…)
resistente –
PER LA REVOCAZIONE
Della sentenza n. (…/…) adottata in data (…) e pronunciata inter partes dalla Sez. (…) di codesto T.A.R. (…)
Con ricorso notificato in data (…), Il/La Sig./Sig.ra (…) adiva il suddetto T.A.R. (…) chiedendo l’annullamento del provvedimento adottata in data (…) da (…).
Il provvedimento di revoca si fondava sul fatto che Il/La Sig./Sig.ra (…) era stato/a incriminato/a in sede penale per i reati di cui agli artt. (…) del c.p. In particolare Il/La Sig./Sig.ra (…) contestava la legittimità del provvedimento adottato in data (…) da (…) in quanto (…).
Il T.A.R. adito rigettava il ricorso rilevando che (…)
Sennonché, Il Tribunale Penale di (…), Sez. (…), ella persona del giudice Dott./Dott.ssa (…) con sentenza n. (…/…) del (…) assolveva da ogni imputazione il/la Sig./Sig.ra (…).
Il/La Sig./Sig.ra (…), avverso la decisione del suddetto T.A.R. propone ricorso per revocazione per i seguenti
MOTIVI IN DIRITTO
Art. 395, n. 2, c.p.c.: Falsità delle prove.
(…)
P.T.M.
Voglia l’Ill.mo T.A.R. adito, rigettata ogni contraria istanza e deduzione, revocare l’impugnata decisione n. (…/…) del (…) e, per l’effetto, accogliere il ricorso originariamente proposto contro il provvedimento adottato in data (…) da (…).
Luogo, lì data
F.to Avv. (…)

 

 


[1] Sull’argomento vedi COLESANTI, Revocazione della sentenza civile, in Novissimo Digesto italiano, Torino, 1969, 1161.
[2] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. V, 21 febbraio 1994, n. 117; Cassazione, Sez. IV, 29 aprile 1996, n. 546; Cassazione, Sez. IV, 28 dicembre 1994, n. 1096; Cassazione, Sez. VI, n. 3228/2002.
[3] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. III, 10 marzo 2005, n. 5329; T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. II, 22 luglio 2004, n. 5366; Cassazione, Sez. Lav., 26 gennaio 2004, n.1369; I, 30.8.2002, n.12720.
[4] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 29 agosto 1998 n. 8650.
[5] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 426/1975.
[6] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 7 luglio 1973 n. 1957.
[7] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 22 luglio 2004 n. 13650.
[8] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. VI, 25 marzo 1996 n. 501.
[9] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. V, 30 luglio 1982 n. 621.
[10] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. V, 6 aprile 1984 n. 269.
[11] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 12 gennaio 1999 n. 226.
[12] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 22 novembre 2005 n. 6485.
[13] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. IV, n. 1735/2005.
[14] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. IV, n. 3750/2007.
[15] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, IV Sez., 29 gennaio 1998, n. 107.
[16] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione 27 gennaio 1993 n. 997.
[17] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. VI, 31 gennaio 1986, n. 81; Cassazione, Sez. VI, 14 febbraio 1996, n. 210; Cassazione, Sez. IV, 29 aprile 1996, n. 546; Cassazione, Sez. IV, 20 luglio 1998, n. 1098; Cassazione, Sez. IV, 15 settembre 1998, n. 1162; Cassazione, Sez. VI, 17 agosto 1999, n. 1069; Cassazione, Sez. VI, n. 2953/2007.
[18] Cassazione, Sezioni Unite, n.1431/1994; Cassazione n.1114/1999; Consiglio di Stato, Sez. V, 22 agosto 2003 n. 4746.
[19] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. VI, n. 6519/2004.
[20] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. IV, n. 2937/2001.
[21] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione,  Sez. IV, 31 ottobre 1996 n. 1176.
[22] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. V, 31 gennaio 1964 n. 153; Cassazione, Sez. V, 22 aprile 1960 n. 278.
[23] Sul punto v. nella giurisprudenza Cassazione, Sez. VI, 17 marzo 1978, n. 373.
[24] In passato il ricorso per revocazione doveva essere diretto alla sezione da cui proveniva la sentenza revocanda (art. 82 reg. proc. Cons. St., applicabile anche al processo davanti al TAR in forza dell’art. 91 L. TAR).
[25] Sul punto v. nella giurisprudenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 23 novembre 2002 n. 6446.
[26] Sul punto v. nella giurisprudenza Consiglio di Stato 9 febbraio 1955.
[27] Sul punto v. nella giurisprudenza Consiglio di Stato, Sez. IV, 6 marzo 1990 n. 169.
[28] V. art. 120, comma 11, c.p.a..
[29] Sul punto v. nella giurisprudenza Consiglio di Stato, Sez. VI, 9 luglio 2012 n. 4039.

 


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