Misure di prevenzione patrimoniali e cessione del credito ipotecario

Misure di prevenzione patrimoniali e cessione del credito ipotecario

Con la sentenza resa a Sezioni Unite penali n. 29847 del 31 maggio 2018, la Corte di Cassazione – risolvendo sul punto un contrasto insorto all’interno delle Sezioni Semplici – ha offerto una lettura innovativa dell’art. 52 d. lgs. 159/2011 (c.d. Testo Unico Antimafia) enunciando il principio di diritto secondo cui “in tema di misure di prevenzione patrimoniali, le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno affermato che nel caso in cui la cessione di un credito ipotecario, precedentemente insorto, avvenga successivamente alla trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione del bene sottoposto a garanzia, tale circostanza non è in quanto tale preclusiva dell’ammissibilità della ragione creditoria, né determina di per sé uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest’ultimo dimostrare la buona fede”.

La questione di diritto che le Sezioni Unite hanno dovuto dirimere aveva ad oggetto l’esatta perimetrazione del rapporto tra la cessione dei crediti garantiti da ipoteca sui beni oggetto di una misura di prevenzione e la trascrizione del provvedimento ablativo.

Com’è noto, l’art. 52 del d. lgs. 159/2011 dispone che la confisca non pregiudica i diritti di credito dei terzi che risultano da atti aventi data certa anteriore al sequestro ed i diritti reali di garanzia costituiti in epoca anteriore al sequestro.

L’ordinanza di rimessione poneva un quesito di diritto avente ad oggetto la qualificazione dello “status” del cessionario di un credito ipotecario insorto precedentemente alla trascrizione del provvedimento di sequestro o di confisca di prevenzione, ma ceduto successivamente alla stessa.

Qualificare la posizione del cessionario di buona o mala fede comporta, rispettivamente, l’ammissibilità o meno dell’istanza di ammissione sui beni oggetto di confisca.

Nel caso pratico portato a cognizione delle Sezioni Unite, il Tribunale aveva originariamente respinto la domanda di ammissione richiamando a sostegno l’orientamento giurisprudenziale per il quale la tutela prevista dall’art. 1, comma 200, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 può trovare applicazione nei confronti dei cessionari di crediti ipotecari sottoposti a sequestro ed a confisca di prevenzione soltanto a condizione che, anche nei loro confronti, sussista oltre all’assenza della strumentalità del credito all’attività illecita (o, quantomeno, alla ignoranza in buona fede di tale vincolo di strumentalità oggettivo), anche il requisito ulteriormente previsto dall’art. 52 d. lgs. 159/2011, espressamente richiamato dal comma 200, dell’anteriorità dell’acquisto del credito rispetto al sequestro (cfr., ex pluribus, Cass. Sez. II pen., sentenza del 28 marzo 2017 n. 38821; Cass. Sez. II pen., sentenza dell’11 febbraio 2016, n. 7694).

Oltre al dato testuale del richiamo preclusivo operato dal comma 200, dell’art. 1 l. 228/2012, l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo – fatto proprio con ermeneusi pressoché costante dalla Seconda Sezione – sottolinea la preminenza dell’interesse dello Stato ad ablare beni strumentali il compimento di un attività illecita, con conseguente giudizio di subvalenza delle regioni del cessionario.

A fronte di tale orientamento, si giustappone quello maggiormente possibilista della Sesta Sezione (cfr. Cass. Sez VI pen., sentenza del 15 giugno 2017, n. 39368; Cass. Sez. VI pen., sentenza del 15 giugno 2017, n. 43126) secondo il quale il richiamo testuale operato dal comma 200 dell’art. 1 l. 228/2012 avrebbe quale esclusivo àmbito di operatività i crediti sorti anteriormente al sequestro, con irrilevanza (id est: inopponibilità) della eventuale, successiva cessione, a pena di violazione del divieto di analogia in malam partem (Cass. Sez I pen., sentenza del 13 aprile 2017, n. 39148).

In questo senso, viene valorizzato – e bilanciato su di un condivisibile piano di eguaglianza giuridica – l’interesse del cessionario alla tutela dei propri diritti pregiudicati dalla confisca rispetto all’interesse pubblico di acquisizione del compendio illecito.

A fronte dell’adesione del Tribunale di merito all’orientamento più rigoroso, veniva interposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento di rigetto di ammissione del credito.

La Quinta Sezione penale della Corte, rilevato il contrasto tra le Sezioni in parte qua, rimetteva la questione alle Sezioni Unite le quali, come anticipato, mostrano di aderire all’interpretazione che ritiene ammissibile la cessione del credito anche in epoca successiva al sequestro.

Il superamento del richiamato testuale ritenuto ostativo alla cessione avviene attraverso una corretta interpretazione della ratio legis sottesa all’art. 52 d. lgs. 159/2011, la quale viene espressamente riferita al credito, e non già alla posizione creditoria del cessionario.
Il termine di valutazione dell’anteriorità rispetto al sequestro viene, in altri termini, letto con riguardo al momento della costituzione del diritto reale collegato al credito.

Talché l’attribuzione della “condizione di anteriorità” anche alla successiva cessione comporterebbe un’inevitabile estensione analogica in malam partem (o, quantomeno, estensiva), tale da richiedere ulteriori – ed inesistenti – elementi sintomatici dell’assimilabilità della costituzione del credito alla sua eventuale cessione.

Peraltro, già la Corte Costituzionale con la sentenza n. 94 del 2015 aveva avallato tale interpretazione, riferendo gli effetti negativi disciplinati dall’art. 52 d. lgs. 159/2011 alla sola ipotesi di simulazione del credito, e non anche al negozio di cessione.

Ne consegue per il creditore cessionario la possibilità di potersi avvalere del complesso delle condizioni di ammissibilità previste in capo al creditore originario e, tra queste, della condizione di buona fede ex latere solventis, restando del tutti irrilevante – ai fini della conservazione dell’effetto reale della cessione – che il credito sia stato ceduto successivamente alla trascrizione del sequestro del bene.


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