Natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale (Cass. ord. 19812 del 2018)

Natura unitaria e onnicomprensiva del danno non patrimoniale (Cass. ord. 19812 del 2018)

Discusso è il principio in base al quale, in tema di risarcimento del danno, il danno non patrimoniale rappresenti o meno una categoria generale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate”.

La Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza numero 19811 del 31.05.2018, ha definitivamente chiarito la suddetta questione.

La stessa, attraverso una attenta e precisa analisi, ha inteso riaffermare, definitivamente, che il danno non patrimoniale si configuri in una unica categoria di danno risarcibile risultando in essa integralmente assorbite le varie e diverse voci, tra le tante, del danno esistenziale, morale e dinamico relazionale.

La Suprema Corte ha, inoltre, attribuito rilievo alla circostanza che nel liquidare l’ammontare dovuto, a titolo di danno non patrimoniale, il Giudice deve necessariamente tener conto di tutte le peculiari modalità attraverso le quali lo stesso si compone rispetto al caso concreto.

Tale affermazione trova cittadinanza nel rispetto del c. d. principio dell’integrità del ristoro in base al quale devono essere necessariamente considerate tutte le voci in cui la ampia categoria del danno patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto.

Si è inteso, altresì, riprendere quanto già statuito dalla medesima Corte, nella sentenza numero 1361 del 23.01.2014, con la quale per la prima volta si è riconosciuto, in sede di legittimità, il principio per cui “la perdita del bene della vita, oggetto di un diritto assoluto ed inviolabile, è ex se risarcibile, nella sua oggettività, a prescindere pertanto della consapevolezza che il danneggiato/vittima ne abbia” nonchè della sentenza n. 235 del 2014 della Corte Costituzionale, con la quale ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale prospettata nei confronti dell’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2005 n. 209, c. d. codice delle assicurazioni, in merito alla disciplina del risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità.

In estrema sintesi si sono ripresi e rielaborati una serie di principi, necessari al fine di correttamente qualificare e quantificare il danno, diretti ad affermare che:

– l’ordinamento riconosce e disciplina, sul piano del diritto positivo, le fattispecie del danno patrimoniale, nelle due forme del danno emergente e del lucro cessante ex articolo 1223 c.c., nonchè del danno non patrimoniale previsto dall’articolo 2059 c.c.;

– la natura unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale deve essere interpretata tenendo conto della unitarietà, rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica, e della onnicomprensività, intesa come obbligo per il giudice di merito di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze derivanti dall’evento di danno nel rispetto del limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a uguali pregiudizi, procedendo, previa esaustiva fase istruttoria, a un accertamento concreto del danno;

– nell’espletamento dell’attività volta all’accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile, il giudice di merito – alla luce di quanto statuito dalla summenzionata sentenza massima della Corte costituzionale nonchè del recente intervento innovatore posto in essere con riferimento agli articoli 138 e 139 C.d.A., così per come modificati dalla Legge 4 agosto 2017, n. 124, art. 1, comma 17, i quali consentono di distinguere definitivamente il danno dinamico-relazionale, causato dalle lesioni, da quello morale – deve valutare la reale fenomenologia della lesione non patrimoniale sia con riferimento all’aspetto interiore del danno sofferto (cd. danno morale) sia con riferimento a quello dinamico-relazione destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto;

– con riferimento alla valutazione del danno alla salute, il giudice dovrà valutare sia le conseguenze subite dal danneggiato nella sua sfera morale, sia quelle incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita;

– allorquando si è in presenza di un danno permanente alla salute, la misura standard del risarcimento, prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito, può essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto “anomale, eccezionali ed affatto peculiari” in quanto le conseguenze dannose normali non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento;

– la congiunta attribuzione del danno biologico e del danno c. d. esistenziale costituisce palese duplicazione risarcitoria, ciò in quanto le summenzionate voci appartengono alla medesima area protetta dalla norma costituzionale, riconosciute ex articolo l’art. 32 Costituzione;

– nel caso in cui vi sia l’assenza di lesione della salute, ogni “ferita” arrecata a un ulteriore valore costituzionalmente tutelato andrà valutata e accertata, sempre previa svolgimento di apposita attività istruttoria, considerando sia la sofferenza morale sia la privazione, la diminuzione o la modificazione delle attività dinamico-relazioni precedentemente esplicate dal soggetto danneggiato;

– infine, la liquidazione finale e unitaria di tale danno “avrà pertanto il significato di attribuire al soggetto una somma di danaro che tenga conto del pregiudizio complessivamente subito tanto sotto l’aspetto della sofferenza interiore (cui potrebbe assimilarsi, in una suggestiva simmetria legislativa, il danno emergente in guisa di vulnus “interno” arrecato al patrimonio del creditore), quanto sotto quello dell’alterazione/modificazione peggiorativa della vita di relazione in ogni sua forma e considerata in ogni suo aspetto, senza ulteriori frammentazioni nominalistiche (danno idealmente omogeneo al cd. “lucro cessante” quale proiezione “esterna” del patrimonio del soggetto)”.

Ciò premesso, nel caso preso ad oggetto dalla suddetta ordinanza la Corte, ha rilevato che il giudice di seconde cure ha correttamente affermato l’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie per le medesime somme di danno dimenticando, però, nella liquidazione del danno morale di tenere in considerazione l’incidenza della perdita del rapporto parentale sugli aspetti dinamico relazionali della vita dei ricorrenti disatteso i suddetti principi.

In conclusione, in virtù dei suddetti principi, è chiaro che il danno non patrimoniale ha una natura unitaria, in quanto tende a considerare qualsiasi lesione di un interesse o di un valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica, nonchè onnicomprensiva, in quanto nel procedere alla accertamento e alla quantificazione del danno risarcibile si deve necessariamente e imprescindibilmente tener conto di tutti gli aspetti e di tutte le voci in cui la stessa categoria si scandisce in relazione al singolo caso concreto; di conseguenza, la Suprema Corte ha definitivamente accolto il motivo di ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte di appello di Roma anche per le spese del giudizio.


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