La stabile organizzazione ai fini IVA

La stabile organizzazione ai fini IVA

La soggettività passiva IVA di un soggetto estero all’interno del territorio nazionale si può concretizzare, oltre che con gli strumenti della rappresentanza  fiscale e della identificazione diretta, anche con l’istituto della “stabile organizzazione” (S.O.).

Nell’ambito della nostra legislazione infatti, sia l’art. 7, comma 1, lett. d)[1] che l’art. 35, comma 1[2] del Decreto IVA, presuppongono l’assoggettabilità ad IVA dei soggetti esterni attraverso una S.O.

L’Agenzia delle Entrate ha ricordato nella Circolare n. 327/E del 30 luglio 2008 che il concetto di stabile organizzazione ai fini IVA ha, però, una portata più ampia di quello di società estera di cui all’art. 2508 del codice civile, che prescrive un obbligo di pubblicità al pari delle società costituite in Italia. Infatti, a prescindere dalla dichiarazione di cui all’art. 35 citato, ai fini tributari rilevano le situazioni di fatto che denotino lo scopo degli stessi soggetti ad esercitare nello Stato un’attività imprenditoriale e che siano caratterizzate, oltre che dal collegamento non occasionale con luoghi del territorio nazionale e con persone ivi operanti, dall’effettivo impiego di beni e di attività lavorative, coordinati perla produzione e/o lo scambio di beni e di servizi e da una effettiva, anche se limitata, autonomia funzionale.

A scanso di equivoci interpretativi, diciamo da subito che la nozione di S.O. è alquanto differente rispetto all’analoga struttura ai fini delle imposte dirette. Differente è infatti il presupposto, laddove l’imposizione diretta mira a tassare i redditi ovunque questi si trovino, secondo il principio della “worldwide taxation”, evitando così fenomeni di “doppia imposizione”, mentre nell’IVA si cerca di radicare un soggetto economico in un territorio ai fini della tassazione del consumo di prodotti e servizi, in ossequio invece al principio di “destination principle”. Ed inoltre la condizione fondamentale per poter configurare una S.O. ai fini IVA rispetto alle imposte dirette è l’elemento umano. Infatti, nel nostro ordinamento, mutuato da quello unionale, l’art. 162 del TUIR ammette che la stabile organizzazione possa prescindere dal requisito personale poiché essa viene ad esistere anche in presenza di mere strumentazioni elettroniche (es. server)[3].

Proseguendo ancora nella “discrepanza” sostanziale tra le due entità nei rispettivi ordini di tassazione ed in maniera “oggettiva”, il modello OCSE ammette che la S.O. venga ad esistenza anche solo se sia idonea a produrre un reddito, mentre ai fini IVA non può esistere S.O. se non compia operazioni rilevanti. La giurisprudenza della Corte di Cassazione[4] ha riconosciuto che le attività caratterizzanti la S.O. non sono derivate solamente da prestazioni di servizi rese tramite mezzi elettronici, di elaborazione e fornitura di dati ma da una più ampia attività di commercializzazione svolta sul territorio nazionale. Ed ancora, non è la mera introduzione del sistema informatico ad integrare la stabile organizzazione ma il fatto che il personale a disposizione, potendo fare affidamento sullo strumento informatico, è in grado di dare vita alla stabile organizzazione.

Ed infine, dal punto di vista “soggettivo”, le norme sull’imposizione diretta mirano all’emersione di materia imponibile del soggetto estero non residente mentre quelle sull’IVA si concentrano sul debitore d’imposta radicato in un determinato territorio.

Ribaditi i concetti di caratterizzazione tra le imposizioni, si chiarisce ora che, per trovare una definizione di S.O. di portata generale (a livello unionale), bisogna rifarsi essenzialmente all’art. 11 del Regolamento n. 282/2011/EU del Consiglio del 15 marzo 2011[5], in cui si afferma che la “stabile organizzazione” designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione. Ed inoltre Il fatto di disporre di un numero di identificazione IVA non è di per sé sufficiente per ritenere che un soggetto passivo abbia una stabile organizzazione[6].

Le direttive principali sul regolamento dell’IVA comunitaria, precedenti al Regolamento 282 (i.e. Direttiva 77/388/CE e Direttiva 2006/112/CE), non avevano stabilito una univoca definizione di stabile organizzazione. La prima si concentrava sul luogo di prestazione dei servizi, affermando in maniera alquanto sintetica che trattasi del luogo in cui “il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito uncentro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa” (Art. 9). La Direttiva IVA, ancora più sobriamente, sostituiva al concetto di “centro di attività stabile” con quello di “stabile organizzazione”, senza tuttavia definirne i contenuti.

La mancanza di tassatività a livello normativo è stata nel tempo colmata dalle pronunce della giurisprudenza comunitaria, ispiratrici dei contenuti del citato Regolamento 282. Alcune sentenze della Corte di Giustizia europea hanno, infatti, rimarcatoessenzialmente che, per configurarsi una stabile organizzazione ai fini IVA, è necessaria la sussistenza sia dell’elemento materiale che dell’elemento personale, preordinati per la fornitura di prestazioni di servizi che non possono essere utilmente riferite alla sede dell’attività economica del prestatore[7].

Lo sviluppo normativo e giurisprudenziale ha quindi portato a delineare alcuni punti focali per poter caratterizzare una S.O. a livello unionale:

– è un soggetto economico diverso dalla casa madre (art. 10 del Regolamento[8]);

– non è necessaria una veste giuridica formale (inciso dell’art. 11 “qualsiasi organizzazione”);

– è un soggetto giuridico con un grado sufficiente di permanenza in uno Stato;

– è una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere

e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione.

È importante sottolineare che l’art. 11 rappresenta il canone ermeneutico generale per la definizione di S.O. con la specificazione che, posta l’esistenza di una S.O. quale struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione, la stessa può venire associata anche alle cessioni di beni in modo da poter definire il debitore d’imposta e le conseguenti obbligazioni di fare[9].

In tale contesto interpretativo si inserisce l’Agenzia delle Entrate con l’importante Circolare n. 37/E del 2011, che chiarisce il riferimento alle prestazioni rese o ricevute da soggetti residenti con stabile organizzazione all’estero e da soggetti non residenti con stabile organizzazione nel territorio dello Stato.

L’amministrazione finanziaria innanzitutto chiarisce che, in caso di committente stabilito in più di uno Stato, la prestazione si considererà effettuata nello Stato in cui il committente ha stabilito la sede della propria attività economica[10]. Tuttavia, nel caso in cui la prestazione sia resa a una stabile organizzazione del soggetto passivo, la medesima prestazione di servizi sarà imponibile nel luogo in cui è ubicata la stabile organizzazione destinataria del servizio.

Nel caso di un soggetto con più stabili organizzazioni localizzate in più Paesi, al fine di acclarare quale sia la stabile organizzazione del soggetto passivo stabilito in più Stati che commette una prestazione, particolare riguardo dovrà aversi[11]:

– alla natura e all’utilizzazione dei servizi forniti;

– all’organizzazione che, sia contrattualmente che in base del numero di partita IVA fornito al prestatore, risulta commettere la prestazione;

– all’organizzazione che provvede al pagamento del servizio.

In caso di servizi resi nell’ambito di un contratto globale a beneficio di più stabili organizzazioni del committente site in diversi Stati, qualora il prestatore non possa determinare la stabile organizzazione cui viene fornita la prestazione, il servizio medesimo si considererà effettuato nello Stato in cui la casa madre ha la sede della propria attività economica[12].

L’amministrazione finanziaria prosegue, con specifico riferimento alla problematica dell’individuazione del debitore dell’imposta, dalle disposizioni di cui al terzo e al quarto comma dell’articolo 17 del D.P.R. 633, lette anche alla luce della disposizione di cui all’articolo 192-bis della Direttiva 2006/112/CE, si ricava che, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia, rese da soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato membro, dovranno distinguersi le seguenti ipotesi:

1. quella di soggetto estero con stabile organizzazione in Italia (rectius, un soggetto con sede principale all’estero e stabile organizzazione in Italia);

2. quella di soggetto italiano con stabile organizzazione (o stabili organizzazioni) all’estero (rectius, un soggetto con sede principale in Italia e stabile/i organizzazione/i all’estero).

In entrambe le ipotesi, ai fini di verificare il luogo di stabilimento principale, appaiono utilmente estensibili i criteri forniti con riferimento alla diversa, ma contigua, problematica sopra affrontata relativa all’individuazione dello Stato di stabilimento del cessionario o committente in presenza di soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato[13]. Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi rese da soggetti non residenti, ma con stabile organizzazione in Italia, trova applicazione la seguente disciplina:

– per le operazioni rese nei confronti di soggetti passivi residenti o di stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, debitore dell’imposta è 1) il cessionario o committente ove la stabile organizzazione del prestatore non partecipi all’effettuazione dell’operazione e 2) il cedente o prestatore ove la stabile organizzazione del prestatore partecipi all’effettuazione dell’operazione. Anche in tale ipotesi, ai fini di verificare se la stabile organizzazione del cedente o prestatore intervenga o meno, appaiono utilmente estensibili i criteri forniti con riferimento alla diversa, ma contigua, problematica relativa all’individuazione dello Stato di stabilimento del cessionario o committente in presenza di soggetti stabiliti sia in Italia che in altro Stato, di cui sopra si è detto[14]. In altre parole, come precisato dal secondo paragrafo dell’articolo 53 del regolamento, deve escludersi che la stabile organizzazione partecipi all’effettuazione del servizio quando in nessun modo il cedente o prestatore utilizzi le risorse tecniche o umane della stabile organizzazione in Italia per l’esecuzione della cessione o della prestazione in considerazione;

– per le operazioni rese nei confronti di cessionari o committenti non residenti né stabiliti nel territorio dello Stato e per le operazioni rese nei confronti di cessionari o committenti non soggetti passivi d’imposta, debitore dell’imposta è in ogni caso il cedente o prestatore. Questi assolverà ai relativi obblighi tramite il numero identificativo IVA già allo stesso attribuito, utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture non riferibili alle operazioni poste in essere attraverso la stabile organizzazione italiana. Tali ultime operazioni saranno annotate in apposito registro o blocco sezionale e riportate nella dichiarazione annuale del soggetto non residente, ma stabilito in Italia, in un distinto modulo. Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi territorialmente rilevanti in Italia rese da un soggetto italiano attraverso una propria stabile organizzazione all’estero, non trovando applicazione la disposizione di cui all’articolo 192-bis della direttiva 2006/112/CE, il debitore dell’imposta dovrà comunque essere individuato nel cedente o prestatore: in tale senso è anche l’articolo 54 del regolamento.

Questi assolverà ai relativi obblighi tramite il numero identificativo IVA già allo stesso attribuito, utilizzando una serie distinta di numerazione per le fatture riferibili alle operazioni poste in essere attraverso la stabile organizzazione estera. Tali ultime operazioni saranno annotate in apposito registro o blocco sezionale e riportate nella dichiarazione annuale del soggetto residente in un distinto modulo. In sostanza, per le operazioni territorialmente rilevanti in Italia, diverse da quelle per le quali il reverse charge è previsto anche per le transazioni tra soggetti residenti e stabiliti in Italia (articolo 17, quinto, sesto e settimo comma, e articolo 74, settimo e ottavo comma del D.P.R. 633), è possibile riepilogare in modo schematico i vari casi nella tabella di seguito riportata. L’articolo 21 del Regolamento UE n. 282/2011 tratta invece delle prestazioni rese a favore di una stabile organizzazione (quale soggetto passivo stabilito in un diverso Stato). In tali casi la prestazione è imponibile nel luogo nel paese in cui tale soggetto passivo ha stabilito la sede della propria attività economica.

Qualora la prestazione di servizi sia fornita a una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui il destinatario ha fissato la sede della propria attività economica, essa è imponibile nel luogo della stabile organizzazione che riceve detto servizio e lo utilizza per le proprie esigenze.

Ed inoltre, se il soggetto passivo non dispone di una sede della propria attività economica o di una stabile organizzazione, il servizio è imponibile nel luogo del suo indirizzo permanente o della sua residenza abituale.

Per poter identificare la stabile organizzazione del destinatario a cui viene fornito il servizio, il prestatore deve seguire l’iter stabilito dal successivo art. 22. Innanzitutto il prestatore deve esaminare la natura e l’utilizzazione del servizio fornito. Quando la natura e l’utilizzazione del servizio fornito non gli consentono di identificare la stabile organizzazione cui viene fornito il servizio, il prestatore, nell’identificare tale stabile organizzazione, deve esaminare in particolare se il contratto, l’ordinativo e il numero di identificazione IVA attribuito dallo Stato membro del destinatario e comunicatogli dal destinatario identificano la stabile organizzazione quale destinataria del servizio e se la stabile organizzazione è l’entità che paga per il servizio.

Se non è possibile determinare la stabile organizzazione del destinatario cui viene fornito il servizio a norma dei commi primo e secondo del presente paragrafo o se i servizi di cui all’articolo 44 della Direttiva IVA sono prestati a un soggetto passivo nell’ambito di un contratto che comprende uno o più servizi utilizzati in maniera non identificabile o non quantificabile, il prestatore può legittimamente considerare che i servizi sono forniti nel luogo in cui il destinatario ha stabilito la sede della propria attività economica.

Per quanto concerne gli obblighi e le modalità di fatturazione, le operazioni intercorrenti tra soggetti nazionali e S.O. devono essere documentate da fattura elettronica e secondo l’aliquota prevista dalla normativa interna e secondo la tipologia di cessione o prestazione (art. 1, comma 3, D.Lgs. n. 127/2015).

In tema di rimborsi, infine, una recente risposta dell’ADE ad interpello (n. 160 del 29 maggio 2020) ha chiarito che l’articolo 30, secondo comma, del decreto IVA contiene un’elencazione tassativa dei presupposti che consentono la richiesta di rimborso del credito IVA emergente dalla dichiarazione annuale (ai quali deve aggiungersi quello di cui all’articolo 34, comma 9, del medesimo decreto), al di fuori dei quali lo stesso deve necessariamente essere riportato in detrazione/compensazione nel periodo d’imposta successivo. In particolare, il presupposto di cui alla lett. e) del citato articolo 30 opera qualora il contribuente si trovi «nelle condizioni previste dal terzo comma dell’articolo 17» del medesimo decreto IVA.

Quest’ultimo articolo fa riferimento, a sua volta, ai “soggetti non residenti e senza stabile organizzazione” che, per assolvere gli obblighi o esercitare i diritti derivanti dall’applicazione delle norme in materia di IVA, si sono identificati direttamente (ai sensi dell’articolo 35-ter del decreto IVA) o, in alternativa, hanno nominato un rappresentante fiscale residente nel territorio dello Stato, nelle forme previste dall’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 441.

Per espressa previsione normativa, dunque, alla stabile organizzazione è precluso l’accesso al rimborso del credito IVA sulla base del presupposto di cui alla lett. e) dell’articolo 30, secondo comma, del decreto IVA, perché riservato esclusivamente a quei soggetti non stabiliti per i quali non sussiste alcun criterio di collegamento con il territorio dello Stato in cui hanno maturato il credito. Ciò, peraltro, può verificarsi anche qualora un soggetto non stabilito abbia una sede secondaria che non partecipi alla realizzazione delle operazioni poste in essere dallo stesso, secondo quanto dispone la normativa comunitaria di riferimento (cfr. articolo 53 del regolamento di esecuzione UE n. 282/2011).

Ad altra conclusione, invece, deve giungersi qualora la stabile organizzazione assolva l’IVA in dogana per le importazioni dei beni in Italia ai sensi dell’articolo 67 del decreto IVA. Detta attività, infatti, rappresenta una condizione necessaria per il perfezionamento delle operazioni effettuate dalla casa madre e, pertanto, non può considerarsi irrilevante ai fini della realizzazione delle stesse. Di conseguenza l’istante, al pari degli altri soggetti passivi stabiliti, non può avvalersi del presupposto di cui all’articolo 30, secondo comma, lett. e), del decreto IVA per richiedere il rimborso dell’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione annuale.

 

 

 

 

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[1] Art. 7, comma 1, lett. d) del D.P.R. 633/72: «1. Agli effetti del presente decreto: […] d) per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute. Per i soggetti diversi dalle persone fisiche si considera domicilio il luogo in cui si trova la sede legale e residenza quello in cui si trova la sede effettiva”; » […].
[2] Art. 35, comma 1, D.P.R. 633/72: «1. I soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate ovvero ad un ufficio provinciale dell’imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia; la dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate. L’ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita I.V.A. che resterà invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell’attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella home-page dell›eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto».
[3] Art. 162, comma 2, lett. f-bis del TUIR: «2. L’espressione «stabile organizzazione» comprende in particolare: […] f-bis) una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso».
[4] Cfr. Corte di Cassazione, Sent. n. 5649 del 20 marzo 2015.
[5] Si vedano in proposito anche gli artt. 22 e 53.
[6] A tal proposito, l’Ordinanza della Corte di Cassazione n. 12633 del 20 luglio 2012, ha invece affermato che il possesso di partita IVA da parte di una società non residente equivale a configurare una stabile organizzazione nel territorio nazionale, fatto salvo ogni onere probatorio difforme a carico del contribuente.
[7] Cfr. ex pluribus Sentenze C-168/84 “Berkholz”, C-231/94 “FG-Linien”, C-190/95 “ARO Lease BV”.
[8] Articolo 10: «1. Ai fini dell’applicazione degli articoli 44 e 45 della direttiva 2006/112/CE, il luogo in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica è il luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa. 2. Per determinare il luogo di cui al paragrafo 1, si tiene conto del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa, del luogo della sua sede legale e del luogo in cui si riunisce la direzione. Se tali criteri non consentono di determinare con certezza il luogo della sede di un’attività economica, prevale il criterio del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa. 3. La mera esistenza di un indirizzo postale non può far presumere che tale indirizzo corrisponda al luogo in cui il soggetto passivo ha stabilito la sede della propria attività economica.”
[9] Cfr. Art. 192-bis della Direttiva IVA: Ai fini della presente sezione, un soggetto passivo che dispone di una stabile organizzazione nel territorio di uno Stato membro in cui è debitore di imposta si considera soggetto passivo non stabilito nel territorio di tale Stato membro qualora siano soddisfatte le seguenti condizioni:a) egli effettua in tale paese una cessione di beni o una prestazione di servizi imponibile; b) la cessione di beni o prestazione di servizi è effettuata senza la partecipazione di una sede del cedente o del prestatore di servizi situata nello Stato membro in questione».
[10] Cfr. Art. 21 del Regolamento UE n. 282/2011.
[11] Cfr. Art. 22, paragrafo 1, primo e secondo comma, del Regolamento n. 282/2011.
[12] Cfr. Art. 22, paragrafo 1, terzo comma, del Regolamento n. 282/2011.
[13] Cfr. gli articoli da 20 a 22 del Regolamento n. 282/2011.
[14] Cfr. in particolare gli articoli 21 e 22 del Regolamento n. 282/2011.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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