Embarghi: le triangolazioni elusive

Embarghi: le triangolazioni elusive

Una delle dinamiche operative più insidiose in tema di embarghi è quella che integra una triangolazione di pagamento. Tale meccanismo rappresenta a ben vedere un valido escamotage per aggirare ed eludere i divieti di volta in volta esistenti, ed in particolare quelli afferenti l’esportazione di determinate categorie di beni.

Si pensi al seguente caso: la società italiana Alfa Srl, che commercia beni di lusso nel settore della moda, solitamente operando per gran parte del proprio fatturato con controparti dell’est Europa (Russia, Lettonia, Bielorussia ecc.) vende una serie di capi d’abbigliamento (considerati come generi di “lusso”) alla società russa Beta D.O.O., nei confronti della quale emette fattura.

Il pagamento della relativa fattura, tuttavia, risulta pervenire da rapporto radicato in Ungheria ed intestato a terza società interposta, la Gamma D.O.O., impresa ungherese. Dall’analisi della documentazione risulta ancora come i beni siano destinati in Armenia, presso una dedotta sede secondaria da poco aperta dalla Beta D.O.O.

Ciò posto, appare con evidenza in tal caso che il pagamento dei beni, potenzialmente destinati alla società debitrice originaria in Russia, non verrà “intercettato” da sistemi di rilevazione o blocco automatico, traducendosi in un potenziale vulnus del sistema controlli preventivi.

Gli strumenti atti ad ovviare a tale potenziale criticità si sostanziano dunque nell’Adeguata Verifica, nonché nella concreta capacità di analisi dell’operatore, evidenziandosi ancora una volta come in ambito antiriciclaggio più che i tool informatici di supporto o l’applicazione di rigidi parametri preconizzanti, siano il “fattore umano” e l’esperienza empirica a rappresentare un quid pluris.

In primis dunque risulta fondamentale, come detto, espletare prodromicamente attività di Adeguata Verifica, volta alla raccolta di tutto il corredo documentale indispensabile per una analisi idonea, tra cui si evidenzia:

– Bolla di trasporto: dalla lettura di tale documento è possibile evincere l’effettivo Paese di destinazione della merce. Si evidenzia di prestare particolare attenzione alla presenza di Paesi rientranti nell’Unione Economica Eurasiatica (UEE), poiché entro i relativi confini le merci possono circolare senza vincoli. La destinazione dei beni nei c.d. “Paesi civetta” consente in altre parole di far pervenire comunque i beni nel Paese embargato senza violare direttamente la normativa.

– Dichiarazione doganale;

– Fattura: da cui risulti l’identità dell’effettivo intestatario. Nelle ipotesi di pagatore diverso, sarà necessario analizzare il rapporto eventualmente sussistente tra pagatore e intestatario fattura (c.d. “rapporto di valuta”). É attendibile che tale rapporto, per ritenersi giustificato, rientri nell’egida delle delegazione, espromissione, accollo o negozio giuridico affine.

Tra i dati estrapolabili dalla fattura, si fa particolare riferimento poi al codice TARIC (Tariffa Integrata Comunitaria) che rappresenta una sequenza atta alla classificazione dei beni, volta ad indicare la categoria merceologica dei beni esportati, al fine di verificare se siano stati superati i limiti normativi previsti per quel prodotto.

Orbene, alla luce di quanto detto, ritornando all’esempio sopra prospettato, sarà in seconda battuta fondamentale l’attività di analisi in concreto dell’operatore, nell’ottica del “Risk Based Approach”. Come anticipato, la presenza di una triangolazione mediante interposizione soggettiva, nonché la destinazione dei beni in un Paese UEE, rappresentano campanelli d’allarme che richiedono un maggior attenzionamento della fattispecie, sia in ottica autorizzativa che di collaborazione attiva AML.


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