Le Sezioni Unite ammettono il pactum fiduciae orale in materia immobiliare

Le Sezioni Unite ammettono il pactum fiduciae orale in materia immobiliare

Il rispetto del requisito della forma scritta ad substantiam è necessario anche per il contratto fiduciario in materia immobiliare?

Questo era, in estrema sintesi, il quesito rimesso alle Sezioni Unite, con l’ordinanza n. 20934/2019, dalla Seconda Sezione.

Nel caso concreto sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite della Cassazione, le parti avevano convenuto oralmente che una di esse, il cd fiduciario, avrebbe acquistato in nome proprio e per conto dell’altra, il cd fiduciante, un immobile obbligandosi al ritrasferimento del bene in favore di quest’ultima a semplice richiesta. In ragione di tale accordo orale, il fiduciario rilascia al fiduciante una dichiarazione unilaterale dal medesimo sottoscritta con la quale si impegnava a procedere alla convenuta operazione di ritrasferimento. Accade poi che il fiduciario, violando il pactum fiduciae, non dia seguito all’obbligazione oralmente assunta.

Tra gli strumenti di tutela che l’ordinamento predispone in favore del fiduciante vi è l’azione ex art. 2932 cc, la quale ha come presupposto la validità del contratto.

Per i contratti aventi ad oggetto vicende costitutive, estintive, modificative di diritti reali immobiliari è richiesto l’osservanza del requisito della forma scritta ad substantiam ex art. 1350 cc.

Pertanto, un negozio fiduciario orale in materia immobiliare avrebbe dovuto esser ritenuto invalido, con conseguente preclusione dell’esperibilità del rimedio ex art. 2932 cc.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 6459/2020, hanno sdoganato il negozio fiduciario orale in materia immobiliare sulla base del principio generale della libertà di forma.

Nella prospettiva della Suprema Corte, la circostanza che oggetto del contratto sia un diritto reale immobiliare pare, dunque, ininfluente. Trattandosi di un contratto valido, nulla osta all’esperibilità dell’azione ex art. 2932 cc da parte del fiduciante.

Ciò segna un’importante inversione di rotta rispetto al tradizionale orientamento giurisprudenziale che, invece, sosteneva l’imprescindibilità dell’osservanza della forma scritta ad substantiam.

L’innovatività del ragionamento seguito dalla Suprema Corte, di cui l’applicazione del principio di libertà di forma costituisce una naturale conseguenza, risiede nella proposta ricostruzione in chiave dogmatica del negozio fiduciario.

L’orientamento giurisprudenziale dominante sosteneva la necessità dell’osservanza del requisito formale in ragione di un’affinità strutturale tra il negozio fiduciario immobiliare e il contratto preliminare: entrambi sono strumentali rispetto al successivo atto traslativo. Tale affinità strutturale avrebbe consentito l’estensione per analogia della norma di cui all’art. 1351 cc che prescrive per il contratto preliminare il requisito della forma scritta ad substantiam.

Viceversa, secondo un indirizzo dottrinale, occorre verificare se il negozio di trasferimento del bene al fiduciario rientri o meno tra quelli per i quali è prevista la forma scritta ex art. 1350 cc. In caso di risposta affermativa, la forma scritta ad substantiam avrebbe dovuto estendersi anche al pactum fiduciae (F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizione Scientifiche Italiane, 2013, p. 990).

Un ulteriore orientamento giurisprudenziale, pur negando l’analogia tra preliminare e negozio fiduciario in materia immobiliare, era pervenuto, comunque, alla conclusione della necessità del requisito della forma scritta: la prescrizione formale avrebbe potuto ritenersi assolta, tuttavia, anche in relazione alla successiva dichiarazione unilaterale sottoscritta dal fiduciario avente ad oggetto l’assunzione dell’obbligazione di ritrasferimento immobiliare. Essa, inserendosi nell’ambito di una operazione complessa caratterizzata da una pluralità di negozi, accomunati da un’unica causa fiduciae – tale sarebbe da considerarsi il negozio fiduciario – costituisce una fonte autonoma di obbligazioni.

Le Sezioni Unite della Cassazione, prendendo le distanze da tale impostazione, negano l’esistenza di un’omogeneità strutturale tra il contratto preliminare e il contratto fiduciario. Nel contratto preliminare, infatti, l’effetto obbligatorio precede l’effetto reale, che si produce con la conclusione del contratto definitivo, mentre nel negozio fiduciario l’effetto reale si produce per primo e costituisce la premessa per la realizzazione di un successivo effetto obbligatorio funzionale a conformare l’effetto reale in senso coerente con la volontà delle parti. Esclusa, così, l’applicazione analogica dell’art. 1351 cc, secondo la Suprema Corte, detta norma non è applicabile neanche in via estensiva, costituendo una norma eccezionale e, quindi, di stretta interpretazione.

Le Sezioni Unite della Cassazione assimilano, sul piano strutturale, il negozio fiduciario al mandato senza rappresentanza, configurandosi in entrambe le fattispecie un fenomeno di interposizione reale di persona, con conseguente ravvisabilità di due distinti rapporti: uno interno e un altro esterno.

Il rapporto interno, che intercorre tra fiduciante e fiduciario, deriva dal negozio fiduciario, che, in quanto tale, produce esclusivamente effetti obbligatori. Il rapporto esterno, che intercorre tra il fiduciario e il terzo ovvero tra fiduciario e fiduciante, deriva dal successivo atto traslativo che produce effetti reali.

Ne consegue che il requisito della forma ex art. 1350 cc deve esser osservato per l’atto traslativo a valle ma non anche per il negozio fiduciario. Quest’ultimo, al pari del mandato, è soggetto al principio della libertà di forma, per cui esso può esser concluso anche oralmente tra le parti.

Il difetto della forma scritta non solleva, dunque, un problema di validità del negozio fiduciario ma, semmai, una difficoltà di provarne l’esistenza.

Da qui il frequente il ricorso, nella prassi, a dichiarazioni unilaterali di impegno del fiduciario con le quali il medesimo assume l’obbligo di ritrasferire la titolarità del diritto reale immobiliare acquistato al fiduciante. Esse assolvono, essenzialmente, alla funzione di comprovare l’esistenza del negozio fiduciario.

Le Sezioni Unite della Cassazione ritengono che tale dichiarazione unilaterale presenti una natura ricognitiva, rientrando nell’istituto della promessa di pagamento ex art. 1988 cc. Da essa deriva, dunque, un fenomeno di astrazione processuale con conseguente inversione dell’onere della prova: in altri termini, il negozio fiduciario orale si presume esistente iuris tantum tra le parti.

Pertanto, deve escludersi la natura non solo di fonte di obbligazione ma anche quella di confessione extragiudiziale ex art. 2735 cc in quanto il promittente fiduciario conserva la possibilità di provare l’inesistenza o, comunque, l’invalidità del negozio fiduciario.


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