Risk managment: una breve panoramica

Risk managment: una breve panoramica

Il concetto di Risk Management ha subito nel corso degli ultimi decenni un processo di tendenziale capovolgimento: inizialmente il rischio, presupposto indefettibile del Risk Management, da concepirsi in tutte le sue sfaccettature (rischio operativo, quali l’errore umano o di processo, di business, quale quello di liquidità, reputazionale, o ancora quello dovuto a fattori esogeni, i.e. rischi ambientali, ecc.) era considerato tout court in un’accezione esclusivamente negativa, come qualcosa da elidere, ove possibile, o mitigare.

Tale visione, come detto, è andata progressivamente ad erodersi, a beneficio di una prospettiva ottimistica che postula l’endiadi gestione del rischio/valore per l’mpresa: attraverso la gestione del rischio è dunque possibile creare “valore” a beneficio di tutti gli stakeholders. Il rischio difatti si immedesima nell’insieme degli effetti potiori o deteriori di un determinato evento, suscettibile di veicolare anche a effettivi positivi.

Parimenti va soggiunto come nel corso degli ultimi anni, si sia acquisita l’ulteriore consapevolezza dell’intrinsecità del rischio rispetto ad ogni attività aziendale, e quindi, dell’impossibilità di una sua totale eliminazione, ma di una convivenza che impone un modello di gestione dello stesso.

Orbene, se nel contesto aziendale prima facie il rischio era individuato e gestito singolarmente da ogni Business Unit in maniera autonoma (prassi che continua ad essere adoperata da imprese di piccole o medio-piccole dimensioni), successivamente, anche a causa della maggior complessità assunta dalle strutture aziendali, nonché dalla trasversalità dei rami di attività esercitati dalle imprese, ci si è orientati per una gestione di più ampio respiro dei rischi suscettibili di minacciare la vita delle imprese, accompagnata dall’individuazione sempre più affinata e ponderata dei rischi (non più concepiti solo come quelli facilmente identificabili ad un primo sguardo).

Prima fase della Gestione del Rischio è proprio difatti quella di individuazione e valutazione degli stessi (valutazione secondo i parametri di frequenza/gravità, attraverso sia l’analisi della causa, che del pericolo connesso. Ciò consente di estrapolare i rischi, e di valutare quali siano quelli che abbiano la maggior probabilità di verificarsi ed il maggior impatto negativo sull’impresa, al fine di valutare la miglior allocazione possibile delle risorse a disposizione (risorse di per sé limitate).

L’elaborazione di questo composito iter per il riconoscimento dei rischi ha comportato conseguentemente un affinamento dei modelli di gestione dei rischi medesimi (il cui processo di elaborazione del c.d. Risk Action Plan e successiva messa in opera, con possibili correttivi apportabili in corso d’opera, rappresenta la seconda fase di gestione del rischio), un tempo identificabili primariamente con i contratti di assicurazione, i quali avevano semplicemente la funzione di dislocare gli effetti negativi della concretizzazione del rischio in capo ad un altro soggetto, ma non una prevenzione in un’ottica proattiva degli stessi o di riduzione della probabilità di accadimento e dei relativi impatti.

A stabilire i criteri generali, di tipo quantitativo e qualitativo del Risk Management, ha provveduto il Comitato di Basilea (per una lettura più ampia Cfr. “Comitato di Basilea nel panorama Bancario ed internazionale”, all’interno del sito) nel 1996; altro documento che rappresenta in materia una “stella polare”, è certamente il Rapporto redatto dal c.d. G-30 c.d. Gruppo dei Trenta), contenente Raccomandazioni concernenti processi e procedure da adottare per il sistema di gestione del rischio secondo il c.d. “VAR (acronimo per valore a rischio) Approach”, che ha portato al consolidamento di best practise all’interno di molte realtà bancarie, che variano a seconda delle dimensioni e della complessità della struttura delle stesse.


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